Sara Barletta
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Il lutto e la perdita

2 Settembre 2022

Con il termine lutto non si intende solo la morte di una persona cara, ma anche tutte quelle situazioni in cui una persona è esposta a cambiamenti o perdite, come ad esempio la separazione o il divorzio, la perdita del lavoro, l’aborto, il trasferimento da una città all’altra, le perdite economiche e di status sociale, il pensionamento.

 

Nello specifico, quando muore qualcuno che amiamo, perdiamo il nostro mondo; le cose non saranno più le stesse in quanto la persona amata era parte della nostra vita quotidiana e anche della nostra identità.

Oltre alla morte della persona cara spesso possono esservi anche delle perdite secondarie, legate al mondo esterno, che complicano ulteriormente il nostro vissuto emotivo.

Come, ad esempio, nel caso di una donna casalinga che deve iniziare a lavorare dopo la morte del marito e deve anche accudire i figli da sola. In questo caso vi saranno due tipi di perdita secondaria: la perdita del reddito familiare e le successive ricadute di questa condizione sull’intera famiglia, oltre al fatto di dover accudire i figli da sola.

Adattarsi alla perdita, modificare la propria identità e ricostruire la propria vita è spesso un compito davvero arduo.

Con il termine “lutto” si intendono quindi tutte le reazioni che avvengono dopo una perdita dal punto di vista psicologico, comportamentale, sociale e fisico.

Con “elaborazione del lutto” invece si fa riferimento al processo psicologico che permette di affrontare la perdita e recuperare la serenità ed il riorientamento nel presente, necessari per affrontare ed adattarsi alla perdita.

E’ doveroso premettere che il lutto rappresenta un’esperienza soggettiva e di difficile generalizzazione.

In seguito alla morte di una persona cara, viene considerato fisiologico un periodo di tristezza e di sofferenza compreso tra i 12 e i 15 mesi, dopo il quale, se lo stato depressivo si protrae, si può pensare che la problematica sia di difficile elaborazione e che inizi a costituire un disagio psicologico vero e proprio.

 

La terapia E.M.D.R. facilita l’elaborazione delle emozioni negative e della sofferenza promuovendo il recupero di informazioni adattive positive nella nostra mente; la persona passerà quindi da un’intensa sofferenza alla diminuzione della stessa ed al recupero di ricordi ed emozioni positive che faciliteranno l’elaborazione del lutto.

Concretamente, la dinamica clinica che caratterizza la terapia E.M.D.R. permette all’individuo in lutto di passare dalla convinzione “l’ho perso per sempre” all’idea di riuscire “a sentire una connessione e una vicinanza psicologica” con la persona deceduta.

Ciò comporterà la possibilità di sentire una vicinanza con la persona cara anche in sua assenza, senza che il dolore e la sofferenza costituiscano l’unica modalità di rimanere connessi al proprio caro.

I ricordi positivi del defunto svolgono un ruolo di ponte tra “il mondo con” e “il mondo senza “, aiutando a sentire una connessione con la persona cara anche in assenza della stessa, in modo da portare dentro di sé una rappresentazione con cui si possa mantenere una relazione simbolica anche nel presente.

La diminuzione della sofferenza e la sensazione di connessione nel presente con il defunto ci consentono di portare nel futuro la sicurezza fondamentale di aver amato ed essere stati amati, di aver dato e di aver ricevuto ed infine di aver condiviso una parte della nostra vita con una persona che ci ha fatto crescere, ci ha supportato e che ci ha insegnato dei valori e ci ha fornito una relazione che ormai è parte di noi stessi.

Questi aspetti non si perdono, ma rimangono come una parte di rappresentazione interna che ci sostiene anche in assenza della persona.

 

Quando il lutto può considerarsi traumatico?

In alcune situazioni il lutto può essere definito traumatico, in quanto vi sono delle circostanze che aggravano la situazione e rendono più difficile elaborare la perdita.

Vi sono alcuni fattori traumatici che incidono negativamente sul lutto:

  • morte improvvisa e fulminea,
  • morte causata da altre persone
  • suicidio
  • sofferenza emotiva o fisica della persona prima della morte
  • pluralità di decessi in concomitanza tra loro
  • morte prematura di una persona giovane
  • morte di un figlio.

 

Nel lutto complesso la terapia E.M.D.R. può aiutare a superare gli ostacoli che rendono difficile una normale elaborazione del lutto, favorendo la possibilità di avere un rapporto più sereno con il ricordo della persona cara e può supportare una persona a trovare modalità di superamento della perdita in modo sano e funzionale.

 

LE TRE FASI DI REAZIONE ALLA PERDITA

Le reazioni al lutto possono essere di diverso tipo e possono coinvolgere gli aspetti emotivi, i comportamenti, processi mentali e le sensazioni fisiche.

 

Rando (cit. in Solomon R., 2022¹) descrive tre ampie fasi di reazione alla perdita, che sono:

  • Fase di shock/evitamento: si tratta di una reazione naturale quando avviene una perdita, soprattutto se è stata improvvisa ed inattesa. Con il passare del tempo la sensazione di shock viene superata e lascia lo spazio alla sofferenza emotiva.
  • Fase della presa di coscienza/impatto emotivo: le reazioni emotive frequenti in questa fase, man mano che la persona realizza l’irreversibilità della perdita, sono la tristezza, la disperazione, la colpa, la rabbia e l’angoscia.
  • Fase di accomodamento: le reazioni diminuiscono gradualmente di intensità e l’individuo accetta la realtà del lutto, adattandosi ad una vita senza la persona amata.

 

LE SEI FASI DELL’ELABORAZIONE DEL LUTTO:

Da ciò si può dedurre che l’elaborazione del lutto comporta:

  • Rendersi conto della perdita (elaborare la fase dell’evitamento)
  • Reagire alla separazione: sentire la sofferenza e dare espressione a tutte le forme di reazione alla perdita; adattarsi alle perdite secondarie. (Elaborare la fase dell’impatto emotivo)
  • Rammentare e ricordare il defunto (elaborare la fase dell’impatto emotivo)
  • Rinunciare ai vecchi attaccamenti al defunto e ai vecchi assunti sul mondo (elaborare la fase dell’impatto emotivo)
  • Progredire verso il nuovo mondo integrandolo con il vecchio (elaborare la fase dell’ accomodamento)
  • Reinvestire sul nuovo mondo (elaborare la fase dell’accomodamento)

 

La terapia E.M.D.R. aiuta ad affrontare la sofferenza della perdita favorendo il processo di elaborazione del lutto ed ha come obiettivo quello di permettere di ricordare la persona amata, di recuperare con essa una connessione intima, e di provare tristezza per quanto successo, senza essere sopraffatti dal dolore.

 

¹Solomon (2022) Lutto e EMDR, edizione Cortina

 

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2022/09/Lutto_2b.jpg 392 640 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2022-09-02 16:53:282022-09-02 16:53:28Il lutto e la perdita
Esercizio dei quattro elementi

Tecniche per diminuire l’ansia e le emozioni disturbanti: l’esercizio dei quattro elementi

22 Gennaio 2022

Esercizio dei quattro elementi

L’esercizio dei quattro elementi è una tecnica che permette di ridurre le emozioni disturbanti e riportarle all’interno di una finestra di tolleranza, ossia ad un livello in cui non siano né eccessive né completamente assenti.

Può essere utilizzato come esercizio da svolgere alla fine di una seduta di E.M.D.R. per diminuire un’eventuale attivazione emotiva dovuta all’elaborazione del ricordo e permettere alla persona di uscire dalla stanza di terapia serena ed in grado di gestire le emozioni provate durante l’elaborazione del materiale traumatico.

Questa tecnica può essere utilizzata anche in completa autonomia, qualora si senta la necessità di controllare le proprie emozioni in alcuni momenti della giornata o in situazioni particolarmente faticose. E’ una tecnica di rilassamento particolarmente utile anche per gestire gli stati di ansia.

Si basa sui quattro elementi della natura (terra, acqua, aria, fuoco) a cui corrispondono quattro semplici e rilassanti attività di autocontrollo.

Terra, aria, acqua e fuoco: come funziona?

I quattro elementi si susseguono nel corso dell’esercizio in modo da percorrere il corpo dai piedi alla testa.
Si parte infatti dalla terra, che simboleggia il radicamento del corpo al suolo su cui si poggiano i piedi, e si arriva alla testa come rappresentazione della forza dell’immaginazione (fuoco).

Esercizio della terra

La terra indica il proprio radicamento, la sicurezza del presente e della realtà.

 

Esercizio della Terra: sedersi e mettere entrambi i piedi a contatto con il pavimento, se possibile senza scarpe. Una volta seduti, focalizzarsi sulle sensazioni corporee: percepire la schiena a contatto con lo schienale, la sedia che sorregge il corpo, e i piedi a contatto con il pavimento e concentrarsi sulla sensazione di stabilità che ne deriva, per tutto il tempo necessario.

Successivamente guardarsi attorno e prendere nota di tre elementi nuovi sui quali cade lo sguardo e focalizzare l’attenzione su di essi.
In questo modo ci si concentra sul presente e si allontanano i pensieri e le emozioni, mantenendo la mente sul “qui ed ora” per tutto il tempo necessario.

 

Esercizio dell’aria

 

In seguito passare all’esercizio dell’aria, che si focalizza sulla respirazione utilizzata per favorire il rilassamento e la centratura.

 

Concentrarsi sul respiro e cominciare a respirare lentamente.
Ricordare la stabilità della sedia e dei piedi ben piantati a terra e fare almeno quattro respiri profondi e lenti.
Concentrarsi e sentire l’aria nuova e ricca di energia che attraversa il corpo; quando si espira immaginare di eliminare e buttare fuori dal corpo anche l’ansia e le emozioni negative.

 

Esercizio dell’acqua

 

L’acqua viene utilizzata per rinforzare il rilassamento e aumentare la tranquillità e il controllo.

 

Esercizio dell’acqua: con questo esercizio si stimola la produzione di saliva, che favorisce ulteriormente il rilassamento del corpo. Risulta particolarmente utile quando si sperimenta l’ansia, perché tale stato di attivazione riduce la salivazione.

Per eseguirlo è necessario immaginare il gusto del limone o del cioccolato e muovere la lingua in modo circolare. E’ anche possibile assaporare del cioccolato o un altro cibo che stimoli la salivazione.

 

Esercizio del fuoco

 

Il fuoco infine rappresenta la forza dell’immaginazione.

 

Questo esercizio viene svolto per ultimo, una volta acquisita maggior sicurezza, quando la respirazione è diventata lenta e tranquilla e quando è stato acquisito un maggior autocontrollo, grazie anche all’influenza che l’aumento della salivazione ha sul Sistema Nervoso Simpatico.

Immagina un luogo, reale o immaginario, che evoca sensazioni positive.

Focalizza la tua attenzione su questo posto sicuro e goditi serenità, tranquillità e benessere.

Combina i quattro elementi: la sicurezza dei piedi poggiati a terra, la centratura raggiunta grazie alla respirazione, la calma ed il controllo date dall’aumento della produzione di saliva e la luce ed il calore del fuoco dell’immaginazione che ti porta nel tuo luogo sicuro.

E’ possibile notare come l’esercizio dei quattro elementi è in grado di ridurre l’attivazione neurofisiologica caratteristica dei disturbi d’ansia quali:

  • la mancanza di lucidità
  • il respiro corto
  • la sensazione di sentirsi soffocare
  • la salivazione ridotta

 

E’ consigliato monitorare il livello d’ansia ed eseguire l’esercizio appena si inizia a sentire un’attivazione fisiologica; grazie all’esecuzione di questi esercizi, infatti, sarà possibile imparare a gestire le proprie emozioni ed anticipare gli attacchi d’ansia.

 

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2022/01/quattro_elementi.jpg 555 1000 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2022-01-22 11:55:312022-01-22 11:59:00Tecniche per diminuire l’ansia e le emozioni disturbanti: l’esercizio dei quattro elementi

Come riconoscere un disturbo d’ansia e quando chiedere aiuto ad uno psicologo?

14 Settembre 2021

In questi due anni di emergenza sanitaria legata al Covid-19, caratterizzati anche da marcate restrizioni relazionali e sociali, in cui il disagio è stato reso più intenso da periodi di quarantena, molte persone a Rho e dintorni hanno chiesto il mio aiuto perché manifestavano disturbi d’ansia come disturbi d’ansia generalizzata, attacchi di panico, ansia da malattia (ipocondria), ansia da contagio, chiedendo di essere aiutate per superare queste situazioni di difficoltà.

Ho pensato di scrivere un articolo con lo scopo di chiarire alcuni aspetti relativi a questa problematica, riscontrata spesso tra i miei pazienti e molto diffusa nella popolazione in generale.

E’ necessario premettere che la risposta ansiosa nei confronti del pericolo costituisce una reazione normale ed innata, caratterizzata da un aumento della vigilanza e dell’attenzione ed ha come obiettivo quello di preparare la persona ad affrontare il pericolo predisponendola ad una risposta rapida ed automatica.

In questa accezione l’ansia e la paura possono essere definite risposte fisiologiche perché preparano ad affrontare al meglio i pericoli, attivando le risorse per fronteggiare le difficoltà ed innescando dei meccanismi neurobiologici di risposta automatica.

L’attivazione fisica è globale proprio perché il corpo si deve difendere, ed avviene a livello fisico, emotivo, cognitivo e comportamentale.

L’attivazione fisica avviene tramite una iperattivazione neurofisiologica come l’aumento della pressione sanguigna, l’aumento della sudorazione, tachicardia, tremore, vertigini, nausea e dolore toracico.

L’attivazione a livello cognitivo comporta senso di pericolo e di allarme, sensazione di svenire, vuoto mentale, preoccupazione e rimuginio, pensieri ed immagini intrusive ed, in alcuni casi, può comportare la sensazione di sentirsi osservati.

I comportamenti messi in atto per affrontare la difficoltà sono principalmente di evitamento della situazione temuta, di richiesta di protezione e supporto (come ad es. la ricerca costante della presenza di una persona di fiducia) e di ipercontrollo della situazione, che viene scandagliata e programmata sin nei minimi dettagli.

Di fronte al pericolo l’essere umano può attivarsi con diversi tipi di risposta a seconda della minaccia da fronteggiare: risposta di attacco se si ha la percezione di poter affrontare la difficoltà, di fuga se il pericolo viene registrato come non superabile e di freezing/collasso se si vive un’emozione di sopraffazione e si riscontra l’impossibilità di scappare.

 

 

E’ necessario distinguere tra paura e ansia in quanto la prima si manifesta principalmente di fronte ad un pericolo immediato mentre l’ansia è più orientata ad affrontare un evento futuro.

Entrambe svolgono un ruolo adattivo in quanto la paura attiva la risposta di “attacco-fuga” e, innescata nelle giuste circostanze, può anche salvarci la vita. Allo stesso modo, l’ansia ci aiuta ad individuare minacce future e a premunirci contro di esse, progettando ipotetici scenari nei quali potremmo essere coinvolti per comprendere la modalità migliore per affrontare la situazione temuta. Un giusto grado di ansia (quindi non eccessivo) ci permette di essere più performanti.

 

L’ansia può diventare un problema psicologico?

 

L’ansia è un’emozione che tutti abbiamo provato di fronte alla percezione di una minaccia, ma questo non implica che necessariamente diventi un disturbo d’ansia. Normalmente quando proviamo ansia mettiamo in atto delle strategie per ridurre o eliminare la minaccia, ripristinando in questo modo la precedente situazione di normalità. Quindi cosa fa sì che l’ansia fisiologica si trasformi in ansia patologica e si strutturi un disturbo d’ansia? Nei disturbi d’ansia l’attivazione fisiologica che segue la percezione di una minaccia, viene valutata a sua volta in maniera catastrofica dal soggetto, diventando essa stessa fonte di pericolo, spesso ancora più grave della minaccia esterna che ha funzionato da fattore scatenante. Si crea così un circolo vizioso in cui l’interpretazione errata e catastrofica dei sintomi dell‘ansia aumenta le sensazioni sgradevoli, e queste a loro volta rinforzano l’interpretazione catastrofica. Il disturbo d’ansia viene così mantenuto da:

 

  • attenzione selettiva: il soggetto pone estrema attenzione ai segnali del proprio corpo interpretandoli in maniera catastrofica;
  • rimuginio: l’individuo trascorre molto tempo a preoccuparsi cercando di prevedere o prevenire eventi negativi in condizioni di incertezza e di costruire mentalmente ipotetiche soluzioni senza mai giungere a una conclusione;
  • evitamento: la persona evita gli stimoli temuti per non incorrere nell’ansia, riducendo così i propri gradi di libertà.

 

L’ansia costituisce quindi un disturbo psicologico quando diventa intensa e persistente nel tempo ed inizia ad interferire negativamente con la vita quotidiana, rendendo più difficile gestire i compiti legati a quest’ultima.

 

Il Dsm V (Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali) descrive differenti tipi di disturbi d’ansia, specificando per ciascuno differenti criteri diagnostici:

 

Disturbo d’ansia di separazione (paura o ansia eccessiva riguardante la separazione da casa o dalle figure di attaccamento);

Fobia specifica (la paura o l’ansia sono intense e marcate e sono circoscritte alla presenza di una situazione o di un oggetto particolari, definito stimolo fobico). Ad esempio rispetto ad un particolare animale/insetto, in presenza di iniezioni/ferite/sangue o nel caso di stimoli ambientali come i temporali;

Fobia sociale (paura o ansia intense in una o più situazioni sociali nei quali l’individuo è esposto al possibile esame/giudizio degli altri);

Disturbo d’ansia generalizzata (presenza di ansia e preoccupazione -attesa apprensiva- eccessive legate ad una quantità di eventi o attività. L’individuo fa fatica a controllare la preoccupazione e ad evitare che interferisca con l’attenzione ai compiti che sta svolgendo).

Mutismo selettivo (costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli, ad es. a scuola, nonostante si sia capaci di parlare in altre situazioni)

Disturbo di panico (ricorrenti attacchi di panico inaspettati. Un attacco di panico consiste nella comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che raggiunge il picco in pochi minuti, durante il quale si verificano almeno quattro dei seguenti sintomi: sudorazione, tachicardia, tremori, dispnea o sensazione di soffocamento, sensazione di asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, sensazione di vertigine o di svenimento, brividi o vampate di calore, sensazione di formicolio, derealizzazione- sensazione di irrealtà – o depersonalizzazione – sentirsi distaccati da se stessi-, paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire.

Agorafobia (paura o ansia intense e marcata innescata dall’esposizione reale o anticipata ad un’ampia gamma di situazioni come utilizzare trasporti pubblici, trovarsi in luoghi aperti o in luoghi chiusi, uscire di casa da soli,..);

Disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci (disturbi d’ansia che si manifestano con l’assunzione di un farmaco o droga o con la loro sospensione).

 

Trattamento e cura dei disturbi d’ansia

Quando l’ansia diventa marcata e significativa ed inizia ad interferire con la nostra quotidianità, può essere utile ricorrere al supporto di uno psicoterapeuta.

Per il trattamento dei disturbi d’ansia sono indicati vari tipi di trattamenti psicologici, nello specifico quello cognitivo-comportamentale si focalizzerà principalmente sugli aspetti legati al pensiero disfunzionale catastrofico e sui pensieri irrazionali, e quello psicodinamico si focalizzerà maggiormente sugli affetti e sulle emozioni, anche di natura inconscia.

La terapia E.M.D.R. ha il vantaggio di focalizzarsi sugli aspetti cognitivi, su quelli emotivi ma anche su quelli corporei.

Come abbiamo visto, infatti, l’ansia provoca un’intensa attivazione a livello corporeo generando sintomi a livello del sistema neurovegetativo, tra i quali spiccano: il respiro affannoso, le palpitazioni, la sudorazione (particolarmente al palmo della mano), la secchezza delle fauci, la sensazione di “nodo alla gola”, quella di “testa vuota e leggera”, e le vampate di caldo.

Frequentemente possono manifestarsi anche disturbi gastrointestinali come meteorismo, disturbi digestivi, nausea e diarrea. I sintomi legati ad una spiccata tensione muscolare, sono spesso responsabili dei dolori diffusi e delle cefalee localizzate in sede occipitale e frontale. Talvolta il coinvolgimento della sfera muscolare comporta invece tremore e/o contrazioni e irrigidimenti degli arti superiori.

I disturbi del sonno si manifestano sotto forma di insonnia iniziale, centrale o di sonno interrotto da frequenti risvegli; l’insonnia può essere uno dei sintomi che conducono il paziente dal medico di famiglia e può indurre la complicanza dell’abuso di ipnotici o di ansiolitici in genere.

Per un buon trattamento sarà quindi necessario prendere in considerazione anche l’aspetto corporeo, che porterà ad una completa risoluzione della problematica ansiosa.

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2021/09/disturbo-dansia.jpg 760 900 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2021-09-14 08:39:312021-09-14 08:39:31Come riconoscere un disturbo d’ansia e quando chiedere aiuto ad uno psicologo?
Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?

Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?

8 Novembre 2020

Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?

Per resilienza si intende “la capacità di affrontare in modo positivo le avversità della vita, di riorganizzarsi per affrontare il cambiamento, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita ci offre”.

Quindi bisogna focalizzarsi sul bicchiere mezzo pieno? In realtà la questione risulta più complessa in quanto concentrarsi esclusivamente sugli aspetti positivi può sfociare nell’evitamento, ossia in un meccanismo difensivo che la nostra mente utilizza per mettere da parte i problemi, evitandoli perché ci creano sofferenza. Proprio questo meccanismo, se diventa eccessivo, provoca comunque delle difficoltà e non ci permette di trovare un equilibrio e star bene.

D’altro canto spesso guardiamo solo il bicchiere mezzo vuoto e può essere difficile adottare un pensiero resiliente, poiché ci focalizziamo solo sulle difficoltà, rimaniamo bloccati nei problemi e perdiamo di vista le nostre risorse e le nostre opportunità.

In realtà è bene focalizzarsi sui problemi, sviscerarli ed analizzarli adeguatamente ma successivamente trovare la forza per affrontare gli ostacoli; la via di mezzo appare sempre la miglior strada da percorrere.

Ma come fare?

E’ necessario premettere che esistono diversi tipi di risorse psicologiche che ci permettono di affrontare i problemi:

  • Risorse individuali. Sono le risorse che appartengono ad ognuno di noi e riguardano le cose che sappiamo fare, le cose che ci piacciono più e le attività o le situazioni che ci fanno star bene (ad. es rilassarci, fare sport, cucinare…)
  • Risorse relazionali. Si riferiscono alle persone che ci fanno star bene e che ci danno la forza nei momenti difficili, con le quali abbiamo un bel rapporto e delle quali ci possiamo fidare.
  • Risorse di padronanza. Sono i momenti in cui siamo riusciti ad affrontare un ostacolo, quando ci siamo sentiti soddisfatti di noi stessi o quando abbiamo ottenuto un successo. Se in passato siamo riusciti a superare delle difficoltà, perché oggi non dovremmo riuscire a farlo? Possiamo utilizzare le stesse strategie che avevamo usato in passato? Come avevamo fatto?
  • Risorse simboliche: sono i valori che guidano la nostra esperienza, come quelli religiosi o etici, che ci orientano su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

La prima cosa che possiamo fare per trovare la forza di affrontare le difficoltà e sviluppare un pensiero resiliente, quindi, è quella di focalizzarci sulle nostre risorse e capire come possiamo utilizzarle nella situazione che vogliamo risolvere. Queste risorse possono aiutarci a calmarci ed a tranquillizzarci, a recuperare dei pensieri positivi e di auto-efficacia, a darci la forza necessaria a superare i problemi.

Anche riuscire a superare le esperienze avverse può costituire la base della resilienza e può migliorare la capacità di fronteggiare in modo adeguato ed efficace ulteriori fattori di stress futuri. “Se sono riuscito a superare quella situazione passata, perché non dovrei riuscire a risolvere anche questa difficoltà?” “Quali risorse ho utilizzato che possono essermi utili oggi?”

Riuscire a superare delle esperienze difficili, inoltre, può permette di dare ordine ed una priorità ai valori della propria vita. Come racconta una persona che ha subito un incidente e ha rischiato di morire: “Sopravvivere all’evento e far fronte alla mia peggiore paura mi ha insegnato molto. Ora ho capito cosa è veramente importante per me”.

Un valido aiuto per diventare più resilienti può essere quello fornito dalla terapia EMDR che utilizza delle specifiche procedure sia per rinforzare le nostre risorse all’interno della rete neurale sia per affrontare eventi stressanti e traumatici. In quest’ultimo caso, infatti, permette di liberare il ricordo dalle emozioni negative e dai pensieri irrazionali che bloccano il pensiero, facendoci diventare più forti e resilienti.

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/11/immagine-resilienza.jpg 288 512 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-11-08 19:32:032020-11-08 19:32:03Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?
Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?

Fattori che influenzano la resilienza e la capacità di affrontare i problemi

8 Novembre 2020

Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?.

  1. In primo luogo diventiamo consapevoli della situazione di minaccia e della nostra paura di fronte all’evento traumatico (“Cosa sta succedendo?”);
  2. Successivamente acquisiamo la consapevolezza della nostra vulnerabilità e ci sentiamo deboli e non in grado di controllare gli eventi (“Oh no!”);
  3. Infine ci rendiamo conto che il pericolo è reale e che si deve reagire per sopravvivere e per acquisire il controllo sulla situazione (“Non permetterò che questo accada a me o a te”);

Così facendo spostiamo l’attenzione da un focus interno di vulnerabilità ad un focus esterno di pericolo, ed è proprio questo cambiamento di prospettiva mentale che ci permette di mobilitare le nostre capacità e le nostre risorse per affrontare le situazioni (Solomon, 1988).

La resilienza è quindi la capacità di spostare il focus dalla nostra vulnerabilità interna (che ci fa sentire deboli e fuori controllo) alle nostre capacità e abilità di rispondere alle situazioni (ci sentiamo più equilibrati, forti e in controllo). E’ importante quindi fronteggiare i sentimenti di vulnerabilità (“mi possono succedere cose brutte”) e dare importanza alle cose che possiamo fare per rispondere alle situazioni, focalizzandoci sui differenti tipi di risorse che possiamo utilizzare per trovare la capacità di reagire.

Inoltre la capacità di utilizzare un pensiero resiliente viene favorita quando un evento avverso è vissuto come comprensibile, gestibile e significativo  (Antonovsky, 1987).

Rispetto ad un evento traumatico, quindi, è importante comprendere cosa è successo e come è successo (anche se a volte non potremo mai capire il motivo per cui è accaduto), oltre alle implicazioni di quanto avvenuto sulla nostra salute e sul nostro benessere.

Tale osservazione ci fa pensare a quanto sia importante, soprattutto per i bambini, che i genitori spieghino loro quanto accaduto, naturalmente con parole e dettagli adeguati all’età del bambino.

Tenere nascosti gli eventi ai bambini con l’intento di proteggerli dalla sofferenza, come ad esempio nel caso della morte di una persona cara o della malattia di un genitore, a volte può creare molti danni. (Questo argomento, qui solo accennato, verrà trattato approfonditamente in un altro articolo del blog).

E’ necessario inoltre rendere gestibile l’evento, pensando che ” quello che sta succedendo è difficile, ma può essere gestito”. E’ importante quindi recuperare il senso di auto-efficacia di cui si parlava in precedenza, per uscire da una posizione di impotenza e smettere di rimanere bloccati nella sofferenza.

Questo è particolarmente vero per le persone che soffrono di ansia, nelle quali la capacità di recuperare e sentire intimamente questo pensiero costituisce uno dei fattori principali per la risoluzione del sintomo.

Infine è fondamentale identificare un possibile significato positivo dell’evento: capire l’impatto di un evento, il suo significato sulla nostra vita e i suoi possibili aspetti positivi. Ad esempio, possiamo dar valore al fatto di sentire che le persone intorno a noi ci vogliono bene e ci forniscono un supporto, alla possibilità di imparare a reagire alle avversità, trovare in se stessi nuove modalità di stare con se stessi per ritrovarsi più forti affrontando le avversità (Solomon, 1988).

Per un’introduzione al concetto di resilienza rimando all’articolo sul mio blog.

  • C.Solomon (1988) The virtue of love, Midwest Studies in Philosophy XIII
  • Antonowsky (1987) Unraveling the mystery of health: How people manage stress and stay well, Jossey-Bass.
https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/11/resilienza-ok.jpg 1032 2156 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-11-08 19:24:012020-11-08 19:33:14Fattori che influenzano la resilienza e la capacità di affrontare i problemi
EMDR e violenza di genere una testimonianza

EMDR e violenza di genere: una testimonianza

4 Ottobre 2020

Pubblico con piacere sul mio blog la testimonianza di una mia giovane paziente che ha affrontato e risolto un grande trauma tramite un percorso terapeutico EMDR.

Dopo essere stata segregata in casa per cinque mesi, subendo violenze di ogni tipo dal suo compagno, grazie al suo coraggio ed alla sua forza è riuscita a scappare e successivamente a chiedere aiuto per affrontare in terapia quanto successo. E’ riuscita a riprendersi in mano la sua vita, a lasciare nel passato le sue esperienze traumatiche ed a diventare testimone del fatto che si possano superare anche gli eventi più tragici e dolorosi. Un vero esempio di crescita post-traumatica.

EMDR e violenza di genere una testimonianza

”Beh, le posso dire che sono la sua persona!”

Accolsi quelle parole come un bicchiere d’acqua per un disperso nel deserto. Finalmente dopo un anno di ”no” trovai una terapeuta che ebbe il coraggio di prendersi cura di me, della mia vita fin troppo lacerata per i miei 23 anni.

Arrivavo da mesi di ricerca di un appiglio e quando la mia mente realizzò che avrei potuto iniziare la mia psicoterapia, mi diede delle scosse di adrenalina, di paura e di energia. Ora che avevo ricevuto un “sì”, cosa avrei dovuto fare? Cosa sarebbe successo?

Iniziare un percorso di psicoterapia non è per niente semplice, una volta scappata da Lui e dalla sua violenza, una volta fuori dal suo mirino e dal suo sadismo, l’istinto primordiale che cerca di mettere in atto la tua mente è quello di nascondere, dimenticare, camuffare.

Poco male, si può pensare, cosa c’è di meglio che dimenticare la notte in cui sei stata accoltellata? O cosa puoi desiderare di più di dimenticare tutte le violenze, umiliazioni e minacce che hai subito? Ecco, non è così.

Anzi, forse non c’è niente di peggio nel disturbo post-traumatico che cercare di dimenticare.

Non si riesce e non si può fare. In me è sempre rimasta una piccola percentuale di lucidità che mi diceva che ciò che ricordavo era molto meno di ciò che realmente era successo.

Cercare di dimenticare per me ha voluto dire convivere costantemente con crisi di panico e paura. Le mie iniziavano con un fortissimo senso di nausea, più volte ho vomitato prima o dopo la crisi, la nausea era accompagnata da una tachicardia molto forte, il cuore sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro, oltre ad andare molto veloce, pompava più forte del normale, ma sembrava sempre che facesse troppo poco. Il sangue sembrava non bastare, mani e piedi iniziavano a sudare e a perdere temperatura, faceva freddo, tanto freddo, la nausea si faceva più forte, causando conati di vomito. Tremavo e mi irrigidivo, le due cose però facevano contrasto ed il corpo si stancava in maniera consistente, poi arrivava il nodo in gola e mancava il respiro, e più cercavo di inspirare, più i polmoni si rifiutavano di dilatarsi e la gola ti si stringeva in una morsa letale. Era come avere un fuoco che divorava le viscere, un fuoco interno che contrastava il gelo che provava la tua pelle e poi arrivava il pianto. Quando iniziava il pianto era impossibile fermarlo. Tutto questo, tutto insieme, faceva male; il corpo era come se si squarciasse, era come se l’anima cercasse una via di fuga, era come la farfalla che cercava di uscire dal bozzolo; faceva male e spesso in aggiunta questo male me lo procuravo volontariamente. Spesso il corpo, in preda a dei gesti involontari, si ribella e cerca di sbattere contro le pareti o i pugni cercano la propria testa, nel dolore che si prova l’unico modo per sopportarlo sembra essere quello di procurarsene dell’altro, perchè da quella morsa non ne puoi uscire pulito, non ne esci intero, ne esci fatto a pezzi, ne esci lacerato, sempre che tu riesca ad uscirne.

Ecco perchè non si può dimenticare o accantonare, perchè i ricordi cercheranno di uscire, sempre, per tutta la vita e bisogna essere in grado di affrontarli e urlargli addosso: ”TU NON MI FAI PAURA”.

Mi è stato proposto un percorso che comprendeva l’EMDR, ovvero attraverso un movimento oculare bilaterale, sarei arrivata a sbloccare e rivivere in maniera lucida i ricordi più traumatici e disturbanti che ancora erano in grado di condizionare la mia vita, per poterli accettare come parte del mio passato e inscatolarli nei ricordi che ognuno ha del proprio vissuto.

Questa spiegazione è stata interessante e preoccupante nello stesso momento, in pratica iniziando questo percorso avrei aperto il vaso di Pandora.

E non è facile da affrontare.

Durante la seduta EMDR ci si focalizza sul ricordo che si ha intenzione di rielaborare e non è il ricordo in sè ad essere difficile da affrontare ma tutto ciò che a lui è annesso, le emozioni, la paura, il terrore, il dolore mentale e fisico.  Ebbene sì, perchè i ricordi non sono intesi solo come memoria di un accaduto, ma per me sono stati anche ricordi fisici, perchè il trauma si è inscritto  anche nel corpo e il nostro corpo è in grado di farci rivivere a posteriori il dolore di un episodio traumatico. Durante la seduta spesso toccavo le zone del corpo che venivano incluse nel ricordo in cerca di sangue o per il dolore o perchè mi sembrava che si stesse gonfiando, come se fossi appena stata colpita. Aumentava il battito e in un attimo era come se fossi ripiombata lì, ma poi, aprivo gli occhi ed ero in un ambiente sicuro, con una persona che non mi avrebbe fatto del male, ma che mi stava vicino e mi aiutava. Ma soprattutto mi trovavo nel presente e quelli erano solo ricordi.

Il post seduta a volte è stato faticoso, tornata a casa il desiderio era quello di dormire e basta, a volte avevo dolori in tutto il corpo, ero stanca e un pò turbata, ma consapevole e lucida. Ero consapevole che quei dolori erano un meccanismo messo in atto dal mio corpo per eliminare, buttare fuori tutte le tossine del passato.

Ero consapevole che affrontare quei ricordi, quei dolori, fosse l’unico modo per cancellarli dal MIO presente.

Andando avanti con gli incontri mi rendevo conto di quanto la mia vita stesse cambiando, le crisi di panico erano sparite, avevo ancora dei flashback, dei momenti in cui vedendo un particolare oggetto o vivendo una particolare situazione, la mia mente cercava di ricondurmi nel passato, ma l’EMDR mi ha dato la capicità di fermarmi, respirare (respirare tanto!) e dirmi ”no, tu sei qui, ora. Tu sei viva e al sicuro”. Questa capacità mi ha permesso piano piano di riprendere in mano la mia quotidianità, mi ha dato la possibilità di scegliere se farmi sovrastare dai ricordi o se provare ad affrontarli e accettarli.

Il passato non si può cambiare, è indelebile, è scritto ed è parte di noi. Ormai è nostro e non si può scappare dalla propria vita. Quindi l’unico modo per andare avanti per me è stato riconoscere questi miei dolori, questi traumi, questi eventi, come parte di me.

L’EMDR mi ha dato la possibilità di rivivere quei ricordi, quelle situazioni così dolorose, in modo lucido, donandomi un’altra prospettiva. Momenti in cui ho pensato di essere debole, in cui ho pensato di essere arrivata al capolinea, momenti in cui ho pensato di morire, in cui mi sono detta che non ero abbastanza forte, in cui ho dato così tanto potere a Lui da farmi sentire piccola come una formica; sono diventati, grazie alla terapia, momenti in cui più forte di così non avrei potuto essere, in cui tutti quei pensieri così negativi sono stati sostituiti da affermazioni come: ”io sono forte”, ”io posso farcela”, ”tu non puoi uccidermi”, ”io sono viva”.

Non è scontato, non è facile, ci vuole tempo ed ognuno ha il suo.

Ma, anche se la fuga da quel terrore l’ho messa in atto da sola, sono convinta che la terapia, in particolare questa tecnica, mi abbiano salvato una seconda volta la vita.

Tutto quello che ho affrontato per quanto doloroso e inimmaginabile, fa parte di me e ora mi sento in grado di proteggerlo, raccontarlo, farne testimonianza.

Non vedo più il legame con il mio passato come delle catene pesantissime, ma piuttosto mi sento più come se lo stessi abbracciando, non mi vedo più come un’anima macchiata dalla sporcizia, ma piuttosto un’anima un pò più colorata.

Sono libera dai miei dolori e non mi sono mai sentita così viva.

 

Cristina

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/10/EMDR_e_violenza_di_genere.jpg 1335 1920 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-10-04 21:20:092020-10-04 21:20:09EMDR e violenza di genere: una testimonianza
Psicologo bambini psicologo adolescenti psicologo adulti Rho

Teoria dell’attaccamento, capacità genitoriali e psicopatologia

30 Agosto 2020

La teoria dell’attaccamento, ideata da Bowlby, è un un costrutto teorico molto rilevante in campo psicologico che definisce il tipo di legame che si instaura tra il bambino e chi si prende cura di lui (caregiver). Secondo questa teoria, il bambino possiede una predisposizione innata, su base biologica, a sviluppare una relazione significativa verso il genitore.

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Il comportamento di attaccamento si attiva quando il bambino vive una sensazione di pericolo e minaccia ed è volto a ripristinare uno stato di sicurezza e ad ottenere vicinanza fisica e conforto dall’adulto.

Il bambino cerca un legame con l’adulto, avvicinandosi a quest’ultimo, che a sua volta fornisce cure e quindi diventa una base sicura per il bambino. Il comportamento di accudimento dell’adulto è perciò complementare al comportamento di attaccamento del bambino.

Si sottolinea che un bambino sarà in grado di esplorare l’ambiente circostante solo se sentirà di poter avere una base sicura alla quale poter tornare nei momenti di difficoltà.

Secondo la teoria proposta da Bowlby, ogni comportamento di attaccamento è guidato da rappresentazioni cognitive di sè con l’altro, chiamati Modelli Operativi Interni (MOI), che costituiscono vere e proprie “griglie di lettura del mondo”.

Per determinare la qualità della relazione di attaccamento vengono valutate le interazioni tra madre e bambino nei primi anni di vita ed è stata ideata una situazione, detta Strange Situation, in cui si osserva la reazione del bambino alla separazione dalla madre.

Classificazione

In base a queste osservazioni sono state classificate quattro tipologie di attaccamento:

  • attaccamento sicuro in cui il bambino, durante i suoi scambi con le figure significative, ha sperimentato una relazione calda ed accogliente con il caregiver che si è mostrato attento alle sue richieste di aiuto (come paura, tristezza, sconforto,…) e ha saputo rispondervi in modo sufficientemente sintonico, adeguato ed empatico.

Il bambino con attaccamento sicuro è quindi fiducioso, curioso, sicuro di sè e pensa che i suoi bisogni possano venir soddisfatti dall’Altro.

  • attaccamento insicuro-evitante in cui il bambino comprende sin da subito che le sue richieste di vicinanza fisica ed emotiva nei confronti della madre vengono facilmente disattese, ed impara quindi a consolarsi in modo autonomo, senza l’aiuto dell’adulto. Questa tipologia di bambini, pur in alcuni casi attivando il sistema di attaccamento, tende maggiormente ad attivare un comportamento di esplorazione dell’ambiente per gestire le proprie emozioni negative.

Il bambino con questo stile di attaccamento è quindi molto autonomo, prova disagio nelle relazioni intepersonali e non manifesta sentimenti. Pensa che l’Altro non sia disponibile per soddisfare i suoi bisogni.

  • attaccamento insicuro-ambivalente in cui il bambino nella relazione con il care giver ha sperimentato una modalità di accudimento instabile ed imprevedibile, a volte di conforto ed a volte di assenza, in cui il genitore può oscillare da comportamenti intrusivi alla distanza emotiva. Il bambino si mostra quindi difficilmente consolabile dal genitore nei momenti di bisogno e non propenso ad esplorare l’ambiente.

Il bambino con un attaccamento insicuro-ambivalente pensa che i suoi bisogni non possano essere soddisfatti dall’Altro, è un bambino arrabbiato, ansioso, insicuro.

  • attaccamento disorganizzato identificato in un secondo momento da Main e Solomon (1990), è lo stile relazionale dei bambini che sperimentano una relazione disfunzionale con il caregiver, in cui il genitore è spaventante, trascurante e non responsivo, o esplicitamente maltrattante. In questo caso il genitore, che dovrebbe offrire conforto e sicurezza nei momenti di bisogno, è anche la persona che spaventa il bambino e dal quale quest’ultimo deve necessariamente difendersi.

Il bambino con un attaccamento disorganizzato percepisce i suoi bisogni in maniera confusa e può essere passivo, confuso, arrabbiato, preoccupato, controllante.

Le madri di questi bambini non sono in grado di riconoscere correttamente le emozioni esplicitate dai loro figli e, di conseguenza, non hanno la possibilità di validarne e rispecchiarne gli stati emotivi, non permettendo a questi ultimi di integrare tali emozioni ed imparare a regolarle.

E’ stato osservato inoltre, che questi genitori mostrano spesso lutti e/o traumi non elaborati e quindi non superati.

Legame di attaccamento, genitorialità e psicopatologia

Bowlby scriveva che “il comportamento di attaccamento caratterizza l’essere umano dalla culla alla tomba” (1979), intendendo che lo stile di attaccamento acquisito nell’infanzia rimane più o meno stabile durante tutto l’arco della vita.

I bambini che cresceranno con un attaccamento sicuro diventeranno genitori in grado di riconoscere le emozioni del bambino, di riflettere, contenere e regolare i suoi stati mentali e di favorire il suo sano sviluppo psicologico. Saranno inoltre in grado di rappresentare gli stati mentali propri ed altrui e di favorire una lettura dei comportamenti delle persone come dotati di credenze, desideri, emozioni.

I bambini con un attaccamento insicuro-evitante, già in età infantile potranno manifestare disturbi emotivi, psicosomatici, disturbi della condotta (isolamento ed aggressività), disturbi da deficit da attenzione e disturbi alimentari.

Una volta diventati genitori mostreranno difficoltà di relazione e di contenimento emotivo del figlio, apparendo distaccati e poco in contatto con le proprie emozioni e con quelle dei propri figli. Potranno essere inoltre più predisposti a sviluppare problemi psicologici come disturbi ossessivi, distrurbi narcisistici e disturbi evitanti.

I bambini con un attaccamento insicuro-ambivalente svilupperanno maggiormente una strategia inconscia di controllo di un genitore vissuto come imprevedibile e, già da piccoli, potranno manifestre sintomi quali ansia ed angoscia da separazione, fobie, disturbi psicosomatici che possono richiamare l’attenzione dell’adulto (coliche, attacchi d’asma, dermatiti), disturbi della condotta (comportamenti tirannici), disturbi da deficit dell’attenzione.

Adulti con un attaccamento insicuro-ambivalente diventeranno genitori che alterneranno atteggiamenti di eccessiva presenza/intrusività a momenti di estremo distacco ed assenza. Questi genitori avranno maggiore probabilità di sviluppare disturbi d’ansia, problematiche istrioniche e disturbi di personalità dipendenti.

Il legame con il genitore può essere inoltre spezzato dalla morte, dalla separazione, dal divorzio e tali perdite sono state connesse alla possibilità di sviluppare depressione in età infantile ed adulta.

I bambini con un attaccamento disorganizzato formano rappresentazioni multiple ed incoerenti di sé e dell’altro e, già in infanzia, possono presentare sintomi dissociativi, comportamenti sessualizzati, stati fobico-ansiosi, comportamenti caratterizzati da eccessivo controllo relazionale e disturbi traumatico dello sviluppo.

Come già scritto, infine, i genitori con un attaccamento disorganizzato presentano spesso lutti e/o traumi non elaborati e mostrano un comportamento instabile, spesso spaventato-spaventante, fino ad arrivare a manifestare comportamenti apertamente trascuranti e/o maltrattanti. Mostrano una maggiore possibilità di sviluppare una molteplicità di patologie tra cui disturbi del comportamento alimentare, disturbi borderline, disturbi da uso di sostanze, disturbi dell’umore, attacchi di panico con o senza agorafobia e disturbi di personalità.

Nelle sezioni dedicate del mio sito, si possono trovare ulteriori informazioni in merito al trattamento psicologico (si veda psicologo bambini, psicologo adolescenti, psicologo adulti e psicologo EMDR).

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/08/psicologo_bambini_adolescenti_adulti.jpg 724 1000 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-08-30 10:48:302020-08-31 15:23:56Teoria dell’attaccamento, capacità genitoriali e psicopatologia
operatori sanitari Rho covid-19 EMDR

COVID-19: intervento EMDR con gli operatori sanitari nel distretto di Rho

15 Agosto 2020

L’associazione EMDR durante l’emergenza Covid-19 ha collaborato attivamente con l’ASST Rhodense (Arese, Rho, Cornaredo, Pregnana Milanese, Lainate, Pero, Vanzago, Settimo Milanese, Pogliano Milanese) organizzando dei progetti volti a garantire la tutela del benessere psicologico sia del personale sanitario sia delle persone che purtroppo si sono ammalate o hanno subito il lutto di una persona cara.

operatori sanitari Rho covid-19 EMDR

Supporto psicologico con EMDR rivolto agli operatori sanitari

Da molti anni l’associazione E.M.D.R. si occupa di psicoterapia individuale e di psicologia dell’emergenza; nel primo caso il terapeuta aiuta le persone ad affrontare traumi individuali (ad es. lutti, incidenti stradali, traumi relazionali…) all’interno del proprio studio professionale mentre nel secondo caso, quando avvengono disastri o emergenze che coinvolgono un ampio numero di persone (ad es. terremoti, atti terroristici, omicidi, sequestri…), un team di terapeuti si reca direttamente sul luogo per fornire un supporto psicologico alle persone coinvolte.

In seguito all’emergenza sanitaria, quindi, i terapeuti dell’associazione sono intervenuti applicando protocolli d’intervento già sperimentati e collaudati in passato e mettendo a disposizione le conoscenze psicologiche già acquisite.

Nello specifico sono stati organizzati dei colloqui individuali e di gruppo, con la modalità della videochiamata, per supportare il personale sanitario che lavorava in ospedale e che era direttamente coinvolto nella cura dei malati covid-19.

I medici e gli infermieri sono stato esposti in modo diretto alle conseguenze della pandemia, trovandosi in prima linea ad affrontare la morte di numerose persone, correndo il rischio di poter contrarre il virus, lavorando in assenza di un protocollo d’intervento consolidato e di farmaci specifici per poter curare i pazienti, trovandosi inoltre esposti alla sofferenza di pazienti malati e a familiari e colleghi contagiati. Tali aspetti, che possono aver avuto anche una ricaduta a livello individuale, hanno suscitato molteplici emozioni, tra cui paura, angoscia, ansia, oltre ad una percezione di mancato controllo della situazione, esponendo maggiormente gli operatori sanitari alla possibilità di sviluppare problemi psicologici e sintomi di burn out.

Di frequente l’esposizione alla complessa situazione della pandemia ed il contatto diretto con le persone malate ha riattivato problemi o sofferenze pregresse legate ad esperienze di vita del professionista, portandolo a sviluppare un forte disagio o dei sintomi psicologici, spesso di tipo ansioso.

In queste situazioni l’operatore sanitario poteva richiedere un supporto psicologico con EMDR volto ad elaborare ed affrontare le forti emozioni elicitate in ambito professionale.

La presa in carico poteva avvenire in ambito individuale, quando le caratteristiche di personalità e le esperienze passate del professionista influenzavano la risposta emotiva o nel caso avesse avuto dei familiari ammalati o dei lutti.

In ambito gruppale, invece, l’intervento era maggiormente focalizzato ad aiutare le persone a superare lo stress ed a “decomprimere” la tensione emotiva, elaborando gli eventi più traumatici vissuti nell’ambito professionale e legati all’emergenza coronavirus.

In entrambi i casi l’obiettivo era quello di aiutare il loro sistema di elaborazione dello stress, rafforzando la resilienza, ovvero la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.

Venivano quindi insegnati anche degli esercizi di respirazione, rinforzate le risorse presenti, identificato il posto al sicuro, ed utilizzato l’abbraccio della farfalla, tutte tecniche caratteristiche della terapia EMDR.

Supporto psicologico con EMDR rivolto ai cittadini

Infine il progetto svolto in collaborazione con la ASST Rhodense ha previsto un supporto individuale anche ai familiari di persone decedute a causa del coronavirus, non necessariamente specifico per operatori sanitari.

Le persone che avevano subito un lutto potevano fare richiesta di svolgere colloqui individuali per essere aiutati ad affrontare e superare la perdita del proprio caro.

In questo caso lo scopo principale era quello di favorire e supportare il normale processo del lutto, riducendo la possibilità che l’elaborazione di questo evento traumatico si bloccasse e non andasse a buon fine.

Già poche sedute possono aiutare a far defluire le emozioni disturbanti e ripristinare il normale processo adattivo dell’informazione, aiutando il benessere psicologico e rinforzando la naturale capacità della nostra mente di affrontare le situazioni stressanti e traumatiche.

Ancora una volta i terapeuti dell’associazione EMDR si sono attivati a sostegno della popolazione e delle persone in difficoltà, aiutandole ad affrontare e superare le situazioni avverse e gli ostacoli che la vita ci pone. Come cito nell’home page del mio sito internet (Psicologo Rho): “Non possiamo dirigere il vento ma possiamo orientare la vela”.

Per approfondimenti vedi la sezione dedicata nel mio sito sulla terapia EMDR .

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/08/Psicologo-Rho.jpg 600 900 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-08-15 10:37:112020-08-27 17:33:59COVID-19: intervento EMDR con gli operatori sanitari nel distretto di Rho
domande frequenti emdr

Domande frequenti sull’E.M.D.R.

25 Giugno 2020

La terapia E.M.D.R. può essere utilizzata in combinazione con altri tipi di trattamento?

Sì, la terapia E.M.D.R. si può integrare con tutti gli orientamenti presenti in ambito psicologico, come ad esempio quello psicodinamico, cognitivo comportamentale e sistemico-relazionale.

Inoltre può essere utilizzato anche nel caso si stia assumendo un trattamento farmacologico.

La terapia E.M.D.R. ha riscontri scientifici?

L’efficacia del trattamento EMDR nella cura dei disturbi psicopatologici è considerata evidence-based in quanto vi sono numerose ricerche scientifiche che comprovano la sua utilità, più di ogni altro trattamento per il trauma e lo stress.

L’E.M.D.R. è stato ufficialmente riconosciuto come metodo di trattamento di elezione per gli eventi traumatici da numerose organizzazioni internazionali :dall’American Psychological Association nel 1998, dall’Organizzazione Mondiale della sanità nel 2013, dall’American Psychiatric Association nel 2002 e dall’International Society for Traumatic Stress Studies nel 2010.

In Italia, nel 2003, il Ministero della Salute ne ha approvato l’efficacia.

Qual è il risultato sui ricordi negativi?

I ricordi disturbanti subiscono un cambiamento. I pensieri intrusivi si riducono di intensità e il disturbo emotivo legato al ricordo, oltre alle sensazioni corporee negative, si riducono fino a sparire. Le cognizioni del paziente diventano più positive, con il risultato di sentire il ricordo distante emotivamente, come osservato da lontano. Il ricordo, con le sue emozioni e sensazioni negative, viene “lasciato nel passato” e smette di produrre dolore e sofferenza.

Diventa un’esperienza che fa parte della propria vita ma che è stata ormai superata.

La stimolazione bilaterale, inoltre, spesso produce una sensazione di tranquillità e calma.

La terapia E.M.D.R. ha effetti collaterali?

Non vi sono controindicazioni nell’utilizzo dell’EMDR, soprattutto se viene utilizzato da un terapeuta esperto e formato, all’interno di una psicoterapia.

Si può utilizzare anche con i bambini e con gli adolescenti?

Certamente, la terapia E.M.D.R. può essere utilizzata con adulti, adolescenti e bambini sia per trattare singoli eventi traumatici (traumi T grande, ad es. morte di un parente o di un genitore, incidenti str

adali,...) sia traumi relazionali (traumi t piccolo, come maltrattamento psicologico, vittimizzazione da bullismo, separazioni genitoriali conflittuali, assenza di un genitore,...).

Con l’adolescente potrà essere utilizzata per qualsiasi problema di natura psicologica e, nello specifico, anche per problemi di bassa autostima, per difficoltà scolastiche, per problematiche relazionali con i genitori o con gli amici, episodi di bullismo o comunque in tutte le situazioni in cui vi sia una problema.

Con il bambino la terapia verrà svolta principalmente in un contesto di gioco, utilizzando anche il disegno, e l’utilizzo dell’E.M.D.R. verrà adattato al bambino, anche in base alla sua età.

Inoltre con i bambini si utilizza una tecnica chiamata “narrativa” che consiste nello scrivere, in collaborazione con i genitori, la storia di vita e familiare del bambino per poi leggerla al bambino e ai genitori in studio, in una seduta congiunta. Il terapeuta utilizzerà la stimolazione bilaterale per permettere una migliore elaborazione della storia personale e familiare. Questa tecnica viene utilizzata quando è necessario aiutare il bambino ad avere una visione chiara e coerente della propria storia, o è importante raccontare episodi di vita dei genitori o dello stesso bambino cdi cui quest’ultimo non è a conoscenza.

Questo lavoro potrà essere anche molto utile per i genitori che, raccontando la propria esperienza al terapeuta, potranno iniziare a riflettere e ad elaborare i problemi presentati.

Se vivo un’esperienza traumatica svilupperò sicuramente una psicopatologia?

Le persone possono reagire in modo differente di fronte ad uno stesso evento traumatico ed alcuni di essi potranno sviluppare dei disturbi psicologici mentre altri no. Questo conferma che la risposta al trauma dipende da molteplici fattori ed è sempre complessa.

E’ normale che chiunque sia esposto ad un trauma viva delle emozioni intense e questa reazione è asssolutamente fisiologica. In questi casi può essere importante avere una persona con cui parlare, per poter riprendere la propria routine e darsi il tempo necessario per affrontare quanto accaduto.

Le reazioni normali immediatamente dopo aver vissuto un’esperienza traumatica sono: senso di irrealtà (senso di distacco, come se ci trovassimo sotto una campana di vetro o dentro ad un incubo) e reazioni fisiche (tachicardia, paura di stare da soli, bisogno di vicinanza,..).

In un secondo momento si possono sviluppare pensieri intrusivi, problemi di sonno, ansia, reazioni fisiche, difficoltà di concentrazione, senso di colpa, sensazione di vulnerabilità e riflessioni profonde sul senso della vita.

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/domande-frequenti-emdr.jpg 773 1000 SaR3etB4arLe https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png SaR3etB4arLe2020-06-25 17:16:522020-07-14 22:19:21Domande frequenti sull’E.M.D.R.
come funziona in pratica emdr

Come funziona in pratica la terapia E.M.D.R.?

22 Giugno 2020

Quando un evento ha una portata emotiva intensa e quindi si connota come traumatico (o è particolarmente stressante), può non essere integrato all’interno della rete mnestica cerebrale. Il ricordo si “blocca” e si isola all’interno della rete neuronale con tutte le informazioni emotive, cognitive e corporee legate a quella situazione. In presenza di stimoli in grado di sollecitare il ricordo (trigger), la persona potrà vivere le stesse emozioni legate al passato in situazioni molto differenti che poco hanno a che fare con il pericolo di un tempo. Il passato quindi diventa presente. Ad esempio una persona vittima di violenza può avere un attacco di panico se osserva due persone discutere animatamente in un bar. Con l’utilizzo dell’E.M.D.R. è possibile sbloccare questi ricordi e riattivare il fisiologico meccanismo di elaborazione dell’informazione.

L’E.M.D.R. si avvale della stimolazione alternata dei due emisferi cerebrali che presiedono i processi cognitivi ed emotivi. Esistono diversi tipi di stimolazione bilaterale (visiva, uditiva, tattile,..) ma le più utilizzate sono quelle visive legate al movimento oculare bilaterale.

In concreto la persona deve seguire con gli occhi le dita del terapeuta che si muovono con un movimento bilaterale da destra a sinistra.

Tale movimento incoraggia l’attivazione di entrambi gli emisferi, sollecitando il processamento dell’evento traumatico, ed attiva prevalentemente le aree limbiche del cervello oltre a quelle della corteccia frontale ed orbitofrontale. Queste aree sono conosciute per essere un nodo cruciale nell’elaborazione sensoriale, dell’apprendimento e dei processi decisionali di comportamenti emotivi.

Il ricordo viene elaborato in maniera naturale e non direttiva: man mano che il ricordo viene elaborato diminuisce l’intensità emotiva e il paziente avrà accesso a nuovi pensieri e nuovi punti di vista come processo naturale dell’integrazione dell’informazione.

Come funziona la terapia E.M.D.R., le fasi:

L’E.M.D.R. è un metodo complesso, costituito da un protocollo di otto fasi:

  • acquisizione della storia del paziente e definizione del piano terapeutico, in cui il psicoterapeuta e il paziente andranno ad identificare quali fattori di rischio e fattori di protezione sono presenti nella storia di vita della persona.
  • preparazione del paziente, in cui il terapeuta spiega il funzionamento dell’EMDR ed evidenzia eventuali legami tra l’esperienza di vita e il disagio presentato dalla persona,

Queste fasi si svolgono nel momento iniziale della terapia, quando avviene una prima conoscenza tra terapeuta e paziente e si definiscono gli obiettivi e i ricordi da elaborare.

Successivamente si passerà ad elaborare i ricordi più disturbanti, che creano maggior disagio alla persona, e per ogni momento identificato verranno svolti i seguenti passaggi:

  • assessment, in questa fase vengono identificati e misurati gli aspetti del ricordo da elaborare;
  • desensibilizzazione, elaborazione del ricordo traumatico mediante stimolazione oculare bilaterale;
  • installazione della cognizione positiva, in questa fase si rinforza un pensiero positivo su se stessi abbinato al ricordo traumatico;
  • scansione corporea, mentre si concentra sul ricordo e sulla cognizione positiva, il paziente verifica se vi sono disturbi o tensioni nel corpo. Qualora venissero riscontrati, vengono desensibilizzati sempre tramite movimento oculare.

Quest’ultimo aspetto è molto importante perchè permette di accedere all’esperienza traumatica anche a livello corporeo, elaborando aspetti del trauma che altri approcci psicoterapeutici difficilmente riescono a raggiungere.

In seguito all’elaborazione del ricordo si modificherà la percezione emotiva di quest’ultimo, che verrà vissuto con minor disagio e con minor coinvolgimentio emotivo.

Vi sarà anche una differente percezione cognitiva, sviluppando prospettive differenti e pensieri diversi sull’accaduto.

Il mio metodo di lavoro prevede un’integrazione di sedute E.M.D.R. con sedute psicoterapeutiche classiche.

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/come-funziona-in-pratica-emdr.jpg 778 1000 SaR3etB4arLe https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png SaR3etB4arLe2020-06-22 17:10:022020-07-10 11:19:53Come funziona in pratica la terapia E.M.D.R.?
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