Sara Barletta
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Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?

Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?

8 Novembre 2020/in Blog /da Sara Barletta

Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?

Per resilienza si intende “la capacità di affrontare in modo positivo le avversità della vita, di riorganizzarsi per affrontare il cambiamento, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita ci offre”.

Quindi bisogna focalizzarsi sul bicchiere mezzo pieno? In realtà la questione risulta più complessa in quanto concentrarsi esclusivamente sugli aspetti positivi può sfociare nell’evitamento, ossia in un meccanismo difensivo che la nostra mente utilizza per mettere da parte i problemi, evitandoli perché ci creano sofferenza. Proprio questo meccanismo, se diventa eccessivo, provoca comunque delle difficoltà e non ci permette di trovare un equilibrio e star bene.

D’altro canto spesso guardiamo solo il bicchiere mezzo vuoto e può essere difficile adottare un pensiero resiliente, poiché ci focalizziamo solo sulle difficoltà, rimaniamo bloccati nei problemi e perdiamo di vista le nostre risorse e le nostre opportunità.

In realtà è bene focalizzarsi sui problemi, sviscerarli ed analizzarli adeguatamente ma successivamente trovare la forza per affrontare gli ostacoli; la via di mezzo appare sempre la miglior strada da percorrere.

Ma come fare?

E’ necessario premettere che esistono diversi tipi di risorse psicologiche che ci permettono di affrontare i problemi:

  • Risorse individuali. Sono le risorse che appartengono ad ognuno di noi e riguardano le cose che sappiamo fare, le cose che ci piacciono più e le attività o le situazioni che ci fanno star bene (ad. es rilassarci, fare sport, cucinare…)
  • Risorse relazionali. Si riferiscono alle persone che ci fanno star bene e che ci danno la forza nei momenti difficili, con le quali abbiamo un bel rapporto e delle quali ci possiamo fidare.
  • Risorse di padronanza. Sono i momenti in cui siamo riusciti ad affrontare un ostacolo, quando ci siamo sentiti soddisfatti di noi stessi o quando abbiamo ottenuto un successo. Se in passato siamo riusciti a superare delle difficoltà, perché oggi non dovremmo riuscire a farlo? Possiamo utilizzare le stesse strategie che avevamo usato in passato? Come avevamo fatto?
  • Risorse simboliche: sono i valori che guidano la nostra esperienza, come quelli religiosi o etici, che ci orientano su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

La prima cosa che possiamo fare per trovare la forza di affrontare le difficoltà e sviluppare un pensiero resiliente, quindi, è quella di focalizzarci sulle nostre risorse e capire come possiamo utilizzarle nella situazione che vogliamo risolvere. Queste risorse possono aiutarci a calmarci ed a tranquillizzarci, a recuperare dei pensieri positivi e di auto-efficacia, a darci la forza necessaria a superare i problemi.

Anche riuscire a superare le esperienze avverse può costituire la base della resilienza e può migliorare la capacità di fronteggiare in modo adeguato ed efficace ulteriori fattori di stress futuri. “Se sono riuscito a superare quella situazione passata, perché non dovrei riuscire a risolvere anche questa difficoltà?” “Quali risorse ho utilizzato che possono essermi utili oggi?”

Riuscire a superare delle esperienze difficili, inoltre, può permette di dare ordine ed una priorità ai valori della propria vita. Come racconta una persona che ha subito un incidente e ha rischiato di morire: “Sopravvivere all’evento e far fronte alla mia peggiore paura mi ha insegnato molto. Ora ho capito cosa è veramente importante per me”.

Un valido aiuto per diventare più resilienti può essere quello fornito dalla terapia EMDR che utilizza delle specifiche procedure sia per rinforzare le nostre risorse all’interno della rete neurale sia per affrontare eventi stressanti e traumatici. In quest’ultimo caso, infatti, permette di liberare il ricordo dalle emozioni negative e dai pensieri irrazionali che bloccano il pensiero, facendoci diventare più forti e resilienti.

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/11/immagine-resilienza.jpg 288 512 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-11-08 19:32:032020-11-08 19:32:03Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?
Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?

Fattori che influenzano la resilienza e la capacità di affrontare i problemi

8 Novembre 2020/in Blog /da Sara Barletta

Cosa è la resilienza? Come ci può aiutare nella vita?.

  1. In primo luogo diventiamo consapevoli della situazione di minaccia e della nostra paura di fronte all’evento traumatico (“Cosa sta succedendo?”);
  2. Successivamente acquisiamo la consapevolezza della nostra vulnerabilità e ci sentiamo deboli e non in grado di controllare gli eventi (“Oh no!”);
  3. Infine ci rendiamo conto che il pericolo è reale e che si deve reagire per sopravvivere e per acquisire il controllo sulla situazione (“Non permetterò che questo accada a me o a te”);

Così facendo spostiamo l’attenzione da un focus interno di vulnerabilità ad un focus esterno di pericolo, ed è proprio questo cambiamento di prospettiva mentale che ci permette di mobilitare le nostre capacità e le nostre risorse per affrontare le situazioni (Solomon, 1988).

La resilienza è quindi la capacità di spostare il focus dalla nostra vulnerabilità interna (che ci fa sentire deboli e fuori controllo) alle nostre capacità e abilità di rispondere alle situazioni (ci sentiamo più equilibrati, forti e in controllo). E’ importante quindi fronteggiare i sentimenti di vulnerabilità (“mi possono succedere cose brutte”) e dare importanza alle cose che possiamo fare per rispondere alle situazioni, focalizzandoci sui differenti tipi di risorse che possiamo utilizzare per trovare la capacità di reagire.

Inoltre la capacità di utilizzare un pensiero resiliente viene favorita quando un evento avverso è vissuto come comprensibile, gestibile e significativo  (Antonovsky, 1987).

Rispetto ad un evento traumatico, quindi, è importante comprendere cosa è successo e come è successo (anche se a volte non potremo mai capire il motivo per cui è accaduto), oltre alle implicazioni di quanto avvenuto sulla nostra salute e sul nostro benessere.

Tale osservazione ci fa pensare a quanto sia importante, soprattutto per i bambini, che i genitori spieghino loro quanto accaduto, naturalmente con parole e dettagli adeguati all’età del bambino.

Tenere nascosti gli eventi ai bambini con l’intento di proteggerli dalla sofferenza, come ad esempio nel caso della morte di una persona cara o della malattia di un genitore, a volte può creare molti danni. (Questo argomento, qui solo accennato, verrà trattato approfonditamente in un altro articolo del blog).

E’ necessario inoltre rendere gestibile l’evento, pensando che ” quello che sta succedendo è difficile, ma può essere gestito”. E’ importante quindi recuperare il senso di auto-efficacia di cui si parlava in precedenza, per uscire da una posizione di impotenza e smettere di rimanere bloccati nella sofferenza.

Questo è particolarmente vero per le persone che soffrono di ansia, nelle quali la capacità di recuperare e sentire intimamente questo pensiero costituisce uno dei fattori principali per la risoluzione del sintomo.

Infine è fondamentale identificare un possibile significato positivo dell’evento: capire l’impatto di un evento, il suo significato sulla nostra vita e i suoi possibili aspetti positivi. Ad esempio, possiamo dar valore al fatto di sentire che le persone intorno a noi ci vogliono bene e ci forniscono un supporto, alla possibilità di imparare a reagire alle avversità, trovare in se stessi nuove modalità di stare con se stessi per ritrovarsi più forti affrontando le avversità (Solomon, 1988).

Per un’introduzione al concetto di resilienza rimando all’articolo sul mio blog.

  • C.Solomon (1988) The virtue of love, Midwest Studies in Philosophy XIII
  • Antonowsky (1987) Unraveling the mystery of health: How people manage stress and stay well, Jossey-Bass.
https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/11/resilienza-ok.jpg 1032 2156 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-11-08 19:24:012020-11-08 19:33:14Fattori che influenzano la resilienza e la capacità di affrontare i problemi
EMDR e violenza di genere una testimonianza

EMDR e violenza di genere: una testimonianza

4 Ottobre 2020/in Blog /da Sara Barletta

Pubblico con piacere sul mio blog la testimonianza di una mia giovane paziente che ha affrontato e risolto un grande trauma tramite un percorso terapeutico EMDR.

Dopo essere stata segregata in casa per cinque mesi, subendo violenze di ogni tipo dal suo compagno, grazie al suo coraggio ed alla sua forza è riuscita a scappare e successivamente a chiedere aiuto per affrontare in terapia quanto successo. E’ riuscita a riprendersi in mano la sua vita, a lasciare nel passato le sue esperienze traumatiche ed a diventare testimone del fatto che si possano superare anche gli eventi più tragici e dolorosi. Un vero esempio di crescita post-traumatica.

EMDR e violenza di genere una testimonianza

”Beh, le posso dire che sono la sua persona!”

Accolsi quelle parole come un bicchiere d’acqua per un disperso nel deserto. Finalmente dopo un anno di ”no” trovai una terapeuta che ebbe il coraggio di prendersi cura di me, della mia vita fin troppo lacerata per i miei 23 anni.

Arrivavo da mesi di ricerca di un appiglio e quando la mia mente realizzò che avrei potuto iniziare la mia psicoterapia, mi diede delle scosse di adrenalina, di paura e di energia. Ora che avevo ricevuto un “sì”, cosa avrei dovuto fare? Cosa sarebbe successo?

Iniziare un percorso di psicoterapia non è per niente semplice, una volta scappata da Lui e dalla sua violenza, una volta fuori dal suo mirino e dal suo sadismo, l’istinto primordiale che cerca di mettere in atto la tua mente è quello di nascondere, dimenticare, camuffare.

Poco male, si può pensare, cosa c’è di meglio che dimenticare la notte in cui sei stata accoltellata? O cosa puoi desiderare di più di dimenticare tutte le violenze, umiliazioni e minacce che hai subito? Ecco, non è così.

Anzi, forse non c’è niente di peggio nel disturbo post-traumatico che cercare di dimenticare.

Non si riesce e non si può fare. In me è sempre rimasta una piccola percentuale di lucidità che mi diceva che ciò che ricordavo era molto meno di ciò che realmente era successo.

Cercare di dimenticare per me ha voluto dire convivere costantemente con crisi di panico e paura. Le mie iniziavano con un fortissimo senso di nausea, più volte ho vomitato prima o dopo la crisi, la nausea era accompagnata da una tachicardia molto forte, il cuore sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro, oltre ad andare molto veloce, pompava più forte del normale, ma sembrava sempre che facesse troppo poco. Il sangue sembrava non bastare, mani e piedi iniziavano a sudare e a perdere temperatura, faceva freddo, tanto freddo, la nausea si faceva più forte, causando conati di vomito. Tremavo e mi irrigidivo, le due cose però facevano contrasto ed il corpo si stancava in maniera consistente, poi arrivava il nodo in gola e mancava il respiro, e più cercavo di inspirare, più i polmoni si rifiutavano di dilatarsi e la gola ti si stringeva in una morsa letale. Era come avere un fuoco che divorava le viscere, un fuoco interno che contrastava il gelo che provava la tua pelle e poi arrivava il pianto. Quando iniziava il pianto era impossibile fermarlo. Tutto questo, tutto insieme, faceva male; il corpo era come se si squarciasse, era come se l’anima cercasse una via di fuga, era come la farfalla che cercava di uscire dal bozzolo; faceva male e spesso in aggiunta questo male me lo procuravo volontariamente. Spesso il corpo, in preda a dei gesti involontari, si ribella e cerca di sbattere contro le pareti o i pugni cercano la propria testa, nel dolore che si prova l’unico modo per sopportarlo sembra essere quello di procurarsene dell’altro, perchè da quella morsa non ne puoi uscire pulito, non ne esci intero, ne esci fatto a pezzi, ne esci lacerato, sempre che tu riesca ad uscirne.

Ecco perchè non si può dimenticare o accantonare, perchè i ricordi cercheranno di uscire, sempre, per tutta la vita e bisogna essere in grado di affrontarli e urlargli addosso: ”TU NON MI FAI PAURA”.

Mi è stato proposto un percorso che comprendeva l’EMDR, ovvero attraverso un movimento oculare bilaterale, sarei arrivata a sbloccare e rivivere in maniera lucida i ricordi più traumatici e disturbanti che ancora erano in grado di condizionare la mia vita, per poterli accettare come parte del mio passato e inscatolarli nei ricordi che ognuno ha del proprio vissuto.

Questa spiegazione è stata interessante e preoccupante nello stesso momento, in pratica iniziando questo percorso avrei aperto il vaso di Pandora.

E non è facile da affrontare.

Durante la seduta EMDR ci si focalizza sul ricordo che si ha intenzione di rielaborare e non è il ricordo in sè ad essere difficile da affrontare ma tutto ciò che a lui è annesso, le emozioni, la paura, il terrore, il dolore mentale e fisico.  Ebbene sì, perchè i ricordi non sono intesi solo come memoria di un accaduto, ma per me sono stati anche ricordi fisici, perchè il trauma si è inscritto  anche nel corpo e il nostro corpo è in grado di farci rivivere a posteriori il dolore di un episodio traumatico. Durante la seduta spesso toccavo le zone del corpo che venivano incluse nel ricordo in cerca di sangue o per il dolore o perchè mi sembrava che si stesse gonfiando, come se fossi appena stata colpita. Aumentava il battito e in un attimo era come se fossi ripiombata lì, ma poi, aprivo gli occhi ed ero in un ambiente sicuro, con una persona che non mi avrebbe fatto del male, ma che mi stava vicino e mi aiutava. Ma soprattutto mi trovavo nel presente e quelli erano solo ricordi.

Il post seduta a volte è stato faticoso, tornata a casa il desiderio era quello di dormire e basta, a volte avevo dolori in tutto il corpo, ero stanca e un pò turbata, ma consapevole e lucida. Ero consapevole che quei dolori erano un meccanismo messo in atto dal mio corpo per eliminare, buttare fuori tutte le tossine del passato.

Ero consapevole che affrontare quei ricordi, quei dolori, fosse l’unico modo per cancellarli dal MIO presente.

Andando avanti con gli incontri mi rendevo conto di quanto la mia vita stesse cambiando, le crisi di panico erano sparite, avevo ancora dei flashback, dei momenti in cui vedendo un particolare oggetto o vivendo una particolare situazione, la mia mente cercava di ricondurmi nel passato, ma l’EMDR mi ha dato la capicità di fermarmi, respirare (respirare tanto!) e dirmi ”no, tu sei qui, ora. Tu sei viva e al sicuro”. Questa capacità mi ha permesso piano piano di riprendere in mano la mia quotidianità, mi ha dato la possibilità di scegliere se farmi sovrastare dai ricordi o se provare ad affrontarli e accettarli.

Il passato non si può cambiare, è indelebile, è scritto ed è parte di noi. Ormai è nostro e non si può scappare dalla propria vita. Quindi l’unico modo per andare avanti per me è stato riconoscere questi miei dolori, questi traumi, questi eventi, come parte di me.

L’EMDR mi ha dato la possibilità di rivivere quei ricordi, quelle situazioni così dolorose, in modo lucido, donandomi un’altra prospettiva. Momenti in cui ho pensato di essere debole, in cui ho pensato di essere arrivata al capolinea, momenti in cui ho pensato di morire, in cui mi sono detta che non ero abbastanza forte, in cui ho dato così tanto potere a Lui da farmi sentire piccola come una formica; sono diventati, grazie alla terapia, momenti in cui più forte di così non avrei potuto essere, in cui tutti quei pensieri così negativi sono stati sostituiti da affermazioni come: ”io sono forte”, ”io posso farcela”, ”tu non puoi uccidermi”, ”io sono viva”.

Non è scontato, non è facile, ci vuole tempo ed ognuno ha il suo.

Ma, anche se la fuga da quel terrore l’ho messa in atto da sola, sono convinta che la terapia, in particolare questa tecnica, mi abbiano salvato una seconda volta la vita.

Tutto quello che ho affrontato per quanto doloroso e inimmaginabile, fa parte di me e ora mi sento in grado di proteggerlo, raccontarlo, farne testimonianza.

Non vedo più il legame con il mio passato come delle catene pesantissime, ma piuttosto mi sento più come se lo stessi abbracciando, non mi vedo più come un’anima macchiata dalla sporcizia, ma piuttosto un’anima un pò più colorata.

Sono libera dai miei dolori e non mi sono mai sentita così viva.

 

Cristina

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/10/EMDR_e_violenza_di_genere.jpg 1335 1920 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-10-04 21:20:092020-10-04 21:20:09EMDR e violenza di genere: una testimonianza
Psicologo bambini psicologo adolescenti psicologo adulti Rho

Teoria dell’attaccamento, capacità genitoriali e psicopatologia

30 Agosto 2020/in Blog /da Sara Barletta

La teoria dell’attaccamento, ideata da Bowlby, è un un costrutto teorico molto rilevante in campo psicologico che definisce il tipo di legame che si instaura tra il bambino e chi si prende cura di lui (caregiver). Secondo questa teoria, il bambino possiede una predisposizione innata, su base biologica, a sviluppare una relazione significativa verso il genitore.

Psicologo bambini psicologo adolescenti psicologo adulti Rho

Il comportamento di attaccamento si attiva quando il bambino vive una sensazione di pericolo e minaccia ed è volto a ripristinare uno stato di sicurezza e ad ottenere vicinanza fisica e conforto dall’adulto.

Il bambino cerca un legame con l’adulto, avvicinandosi a quest’ultimo, che a sua volta fornisce cure e quindi diventa una base sicura per il bambino. Il comportamento di accudimento dell’adulto è perciò complementare al comportamento di attaccamento del bambino.

Si sottolinea che un bambino sarà in grado di esplorare l’ambiente circostante solo se sentirà di poter avere una base sicura alla quale poter tornare nei momenti di difficoltà.

Secondo la teoria proposta da Bowlby, ogni comportamento di attaccamento è guidato da rappresentazioni cognitive di sè con l’altro, chiamati Modelli Operativi Interni (MOI), che costituiscono vere e proprie “griglie di lettura del mondo”.

Per determinare la qualità della relazione di attaccamento vengono valutate le interazioni tra madre e bambino nei primi anni di vita ed è stata ideata una situazione, detta Strange Situation, in cui si osserva la reazione del bambino alla separazione dalla madre.

Classificazione

In base a queste osservazioni sono state classificate quattro tipologie di attaccamento:

  • attaccamento sicuro in cui il bambino, durante i suoi scambi con le figure significative, ha sperimentato una relazione calda ed accogliente con il caregiver che si è mostrato attento alle sue richieste di aiuto (come paura, tristezza, sconforto,…) e ha saputo rispondervi in modo sufficientemente sintonico, adeguato ed empatico.

Il bambino con attaccamento sicuro è quindi fiducioso, curioso, sicuro di sè e pensa che i suoi bisogni possano venir soddisfatti dall’Altro.

  • attaccamento insicuro-evitante in cui il bambino comprende sin da subito che le sue richieste di vicinanza fisica ed emotiva nei confronti della madre vengono facilmente disattese, ed impara quindi a consolarsi in modo autonomo, senza l’aiuto dell’adulto. Questa tipologia di bambini, pur in alcuni casi attivando il sistema di attaccamento, tende maggiormente ad attivare un comportamento di esplorazione dell’ambiente per gestire le proprie emozioni negative.

Il bambino con questo stile di attaccamento è quindi molto autonomo, prova disagio nelle relazioni intepersonali e non manifesta sentimenti. Pensa che l’Altro non sia disponibile per soddisfare i suoi bisogni.

  • attaccamento insicuro-ambivalente in cui il bambino nella relazione con il care giver ha sperimentato una modalità di accudimento instabile ed imprevedibile, a volte di conforto ed a volte di assenza, in cui il genitore può oscillare da comportamenti intrusivi alla distanza emotiva. Il bambino si mostra quindi difficilmente consolabile dal genitore nei momenti di bisogno e non propenso ad esplorare l’ambiente.

Il bambino con un attaccamento insicuro-ambivalente pensa che i suoi bisogni non possano essere soddisfatti dall’Altro, è un bambino arrabbiato, ansioso, insicuro.

  • attaccamento disorganizzato identificato in un secondo momento da Main e Solomon (1990), è lo stile relazionale dei bambini che sperimentano una relazione disfunzionale con il caregiver, in cui il genitore è spaventante, trascurante e non responsivo, o esplicitamente maltrattante. In questo caso il genitore, che dovrebbe offrire conforto e sicurezza nei momenti di bisogno, è anche la persona che spaventa il bambino e dal quale quest’ultimo deve necessariamente difendersi.

Il bambino con un attaccamento disorganizzato percepisce i suoi bisogni in maniera confusa e può essere passivo, confuso, arrabbiato, preoccupato, controllante.

Le madri di questi bambini non sono in grado di riconoscere correttamente le emozioni esplicitate dai loro figli e, di conseguenza, non hanno la possibilità di validarne e rispecchiarne gli stati emotivi, non permettendo a questi ultimi di integrare tali emozioni ed imparare a regolarle.

E’ stato osservato inoltre, che questi genitori mostrano spesso lutti e/o traumi non elaborati e quindi non superati.

Legame di attaccamento, genitorialità e psicopatologia

Bowlby scriveva che “il comportamento di attaccamento caratterizza l’essere umano dalla culla alla tomba” (1979), intendendo che lo stile di attaccamento acquisito nell’infanzia rimane più o meno stabile durante tutto l’arco della vita.

I bambini che cresceranno con un attaccamento sicuro diventeranno genitori in grado di riconoscere le emozioni del bambino, di riflettere, contenere e regolare i suoi stati mentali e di favorire il suo sano sviluppo psicologico. Saranno inoltre in grado di rappresentare gli stati mentali propri ed altrui e di favorire una lettura dei comportamenti delle persone come dotati di credenze, desideri, emozioni.

I bambini con un attaccamento insicuro-evitante, già in età infantile potranno manifestare disturbi emotivi, psicosomatici, disturbi della condotta (isolamento ed aggressività), disturbi da deficit da attenzione e disturbi alimentari.

Una volta diventati genitori mostreranno difficoltà di relazione e di contenimento emotivo del figlio, apparendo distaccati e poco in contatto con le proprie emozioni e con quelle dei propri figli. Potranno essere inoltre più predisposti a sviluppare problemi psicologici come disturbi ossessivi, distrurbi narcisistici e disturbi evitanti.

I bambini con un attaccamento insicuro-ambivalente svilupperanno maggiormente una strategia inconscia di controllo di un genitore vissuto come imprevedibile e, già da piccoli, potranno manifestre sintomi quali ansia ed angoscia da separazione, fobie, disturbi psicosomatici che possono richiamare l’attenzione dell’adulto (coliche, attacchi d’asma, dermatiti), disturbi della condotta (comportamenti tirannici), disturbi da deficit dell’attenzione.

Adulti con un attaccamento insicuro-ambivalente diventeranno genitori che alterneranno atteggiamenti di eccessiva presenza/intrusività a momenti di estremo distacco ed assenza. Questi genitori avranno maggiore probabilità di sviluppare disturbi d’ansia, problematiche istrioniche e disturbi di personalità dipendenti.

Il legame con il genitore può essere inoltre spezzato dalla morte, dalla separazione, dal divorzio e tali perdite sono state connesse alla possibilità di sviluppare depressione in età infantile ed adulta.

I bambini con un attaccamento disorganizzato formano rappresentazioni multiple ed incoerenti di sé e dell’altro e, già in infanzia, possono presentare sintomi dissociativi, comportamenti sessualizzati, stati fobico-ansiosi, comportamenti caratterizzati da eccessivo controllo relazionale e disturbi traumatico dello sviluppo.

Come già scritto, infine, i genitori con un attaccamento disorganizzato presentano spesso lutti e/o traumi non elaborati e mostrano un comportamento instabile, spesso spaventato-spaventante, fino ad arrivare a manifestare comportamenti apertamente trascuranti e/o maltrattanti. Mostrano una maggiore possibilità di sviluppare una molteplicità di patologie tra cui disturbi del comportamento alimentare, disturbi borderline, disturbi da uso di sostanze, disturbi dell’umore, attacchi di panico con o senza agorafobia e disturbi di personalità.

Nelle sezioni dedicate del mio sito, si possono trovare ulteriori informazioni in merito al trattamento psicologico (si veda psicologo bambini, psicologo adolescenti, psicologo adulti e psicologo EMDR).

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/08/psicologo_bambini_adolescenti_adulti.jpg 724 1000 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-08-30 10:48:302020-08-31 15:23:56Teoria dell’attaccamento, capacità genitoriali e psicopatologia
operatori sanitari Rho covid-19 EMDR

COVID-19: intervento EMDR con gli operatori sanitari nel distretto di Rho

15 Agosto 2020/in Blog /da Sara Barletta

L’associazione EMDR durante l’emergenza Covid-19 ha collaborato attivamente con l’ASST Rhodense (Arese, Rho, Cornaredo, Pregnana Milanese, Lainate, Pero, Vanzago, Settimo Milanese, Pogliano Milanese) organizzando dei progetti volti a garantire la tutela del benessere psicologico sia del personale sanitario sia delle persone che purtroppo si sono ammalate o hanno subito il lutto di una persona cara.

operatori sanitari Rho covid-19 EMDR

Supporto psicologico con EMDR rivolto agli operatori sanitari

Da molti anni l’associazione E.M.D.R. si occupa di psicoterapia individuale e di psicologia dell’emergenza; nel primo caso il terapeuta aiuta le persone ad affrontare traumi individuali (ad es. lutti, incidenti stradali, traumi relazionali…) all’interno del proprio studio professionale mentre nel secondo caso, quando avvengono disastri o emergenze che coinvolgono un ampio numero di persone (ad es. terremoti, atti terroristici, omicidi, sequestri…), un team di terapeuti si reca direttamente sul luogo per fornire un supporto psicologico alle persone coinvolte.

In seguito all’emergenza sanitaria, quindi, i terapeuti dell’associazione sono intervenuti applicando protocolli d’intervento già sperimentati e collaudati in passato e mettendo a disposizione le conoscenze psicologiche già acquisite.

Nello specifico sono stati organizzati dei colloqui individuali e di gruppo, con la modalità della videochiamata, per supportare il personale sanitario che lavorava in ospedale e che era direttamente coinvolto nella cura dei malati covid-19.

I medici e gli infermieri sono stato esposti in modo diretto alle conseguenze della pandemia, trovandosi in prima linea ad affrontare la morte di numerose persone, correndo il rischio di poter contrarre il virus, lavorando in assenza di un protocollo d’intervento consolidato e di farmaci specifici per poter curare i pazienti, trovandosi inoltre esposti alla sofferenza di pazienti malati e a familiari e colleghi contagiati. Tali aspetti, che possono aver avuto anche una ricaduta a livello individuale, hanno suscitato molteplici emozioni, tra cui paura, angoscia, ansia, oltre ad una percezione di mancato controllo della situazione, esponendo maggiormente gli operatori sanitari alla possibilità di sviluppare problemi psicologici e sintomi di burn out.

Di frequente l’esposizione alla complessa situazione della pandemia ed il contatto diretto con le persone malate ha riattivato problemi o sofferenze pregresse legate ad esperienze di vita del professionista, portandolo a sviluppare un forte disagio o dei sintomi psicologici, spesso di tipo ansioso.

In queste situazioni l’operatore sanitario poteva richiedere un supporto psicologico con EMDR volto ad elaborare ed affrontare le forti emozioni elicitate in ambito professionale.

La presa in carico poteva avvenire in ambito individuale, quando le caratteristiche di personalità e le esperienze passate del professionista influenzavano la risposta emotiva o nel caso avesse avuto dei familiari ammalati o dei lutti.

In ambito gruppale, invece, l’intervento era maggiormente focalizzato ad aiutare le persone a superare lo stress ed a “decomprimere” la tensione emotiva, elaborando gli eventi più traumatici vissuti nell’ambito professionale e legati all’emergenza coronavirus.

In entrambi i casi l’obiettivo era quello di aiutare il loro sistema di elaborazione dello stress, rafforzando la resilienza, ovvero la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.

Venivano quindi insegnati anche degli esercizi di respirazione, rinforzate le risorse presenti, identificato il posto al sicuro, ed utilizzato l’abbraccio della farfalla, tutte tecniche caratteristiche della terapia EMDR.

Supporto psicologico con EMDR rivolto ai cittadini

Infine il progetto svolto in collaborazione con la ASST Rhodense ha previsto un supporto individuale anche ai familiari di persone decedute a causa del coronavirus, non necessariamente specifico per operatori sanitari.

Le persone che avevano subito un lutto potevano fare richiesta di svolgere colloqui individuali per essere aiutati ad affrontare e superare la perdita del proprio caro.

In questo caso lo scopo principale era quello di favorire e supportare il normale processo del lutto, riducendo la possibilità che l’elaborazione di questo evento traumatico si bloccasse e non andasse a buon fine.

Già poche sedute possono aiutare a far defluire le emozioni disturbanti e ripristinare il normale processo adattivo dell’informazione, aiutando il benessere psicologico e rinforzando la naturale capacità della nostra mente di affrontare le situazioni stressanti e traumatiche.

Ancora una volta i terapeuti dell’associazione EMDR si sono attivati a sostegno della popolazione e delle persone in difficoltà, aiutandole ad affrontare e superare le situazioni avverse e gli ostacoli che la vita ci pone. Come cito nell’home page del mio sito internet (Psicologo Rho): “Non possiamo dirigere il vento ma possiamo orientare la vela”.

Per approfondimenti vedi la sezione dedicata nel mio sito sulla terapia EMDR .

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/08/Psicologo-Rho.jpg 600 900 Sara Barletta https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png Sara Barletta2020-08-15 10:37:112020-08-27 17:33:59COVID-19: intervento EMDR con gli operatori sanitari nel distretto di Rho
domande frequenti emdr

Domande frequenti sull’E.M.D.R.

25 Giugno 2020/in Blog /da SaR3etB4arLe

La terapia E.M.D.R. può essere utilizzata in combinazione con altri tipi di trattamento?

Sì, la terapia E.M.D.R. si può integrare con tutti gli orientamenti presenti in ambito psicologico, come ad esempio quello psicodinamico, cognitivo comportamentale e sistemico-relazionale.

Inoltre può essere utilizzato anche nel caso si stia assumendo un trattamento farmacologico.

La terapia E.M.D.R. ha riscontri scientifici?

L’efficacia del trattamento EMDR nella cura dei disturbi psicopatologici è considerata evidence-based in quanto vi sono numerose ricerche scientifiche che comprovano la sua utilità, più di ogni altro trattamento per il trauma e lo stress.

L’E.M.D.R. è stato ufficialmente riconosciuto come metodo di trattamento di elezione per gli eventi traumatici da numerose organizzazioni internazionali :dall’American Psychological Association nel 1998, dall’Organizzazione Mondiale della sanità nel 2013, dall’American Psychiatric Association nel 2002 e dall’International Society for Traumatic Stress Studies nel 2010.

In Italia, nel 2003, il Ministero della Salute ne ha approvato l’efficacia.

Qual è il risultato sui ricordi negativi?

I ricordi disturbanti subiscono un cambiamento. I pensieri intrusivi si riducono di intensità e il disturbo emotivo legato al ricordo, oltre alle sensazioni corporee negative, si riducono fino a sparire. Le cognizioni del paziente diventano più positive, con il risultato di sentire il ricordo distante emotivamente, come osservato da lontano. Il ricordo, con le sue emozioni e sensazioni negative, viene “lasciato nel passato” e smette di produrre dolore e sofferenza.

Diventa un’esperienza che fa parte della propria vita ma che è stata ormai superata.

La stimolazione bilaterale, inoltre, spesso produce una sensazione di tranquillità e calma.

La terapia E.M.D.R. ha effetti collaterali?

Non vi sono controindicazioni nell’utilizzo dell’EMDR, soprattutto se viene utilizzato da un terapeuta esperto e formato, all’interno di una psicoterapia.

Si può utilizzare anche con i bambini e con gli adolescenti?

Certamente, la terapia E.M.D.R. può essere utilizzata con adulti, adolescenti e bambini sia per trattare singoli eventi traumatici (traumi T grande, ad es. morte di un parente o di un genitore, incidenti str

adali,...) sia traumi relazionali (traumi t piccolo, come maltrattamento psicologico, vittimizzazione da bullismo, separazioni genitoriali conflittuali, assenza di un genitore,...).

Con l’adolescente potrà essere utilizzata per qualsiasi problema di natura psicologica e, nello specifico, anche per problemi di bassa autostima, per difficoltà scolastiche, per problematiche relazionali con i genitori o con gli amici, episodi di bullismo o comunque in tutte le situazioni in cui vi sia una problema.

Con il bambino la terapia verrà svolta principalmente in un contesto di gioco, utilizzando anche il disegno, e l’utilizzo dell’E.M.D.R. verrà adattato al bambino, anche in base alla sua età.

Inoltre con i bambini si utilizza una tecnica chiamata “narrativa” che consiste nello scrivere, in collaborazione con i genitori, la storia di vita e familiare del bambino per poi leggerla al bambino e ai genitori in studio, in una seduta congiunta. Il terapeuta utilizzerà la stimolazione bilaterale per permettere una migliore elaborazione della storia personale e familiare. Questa tecnica viene utilizzata quando è necessario aiutare il bambino ad avere una visione chiara e coerente della propria storia, o è importante raccontare episodi di vita dei genitori o dello stesso bambino cdi cui quest’ultimo non è a conoscenza.

Questo lavoro potrà essere anche molto utile per i genitori che, raccontando la propria esperienza al terapeuta, potranno iniziare a riflettere e ad elaborare i problemi presentati.

Se vivo un’esperienza traumatica svilupperò sicuramente una psicopatologia?

Le persone possono reagire in modo differente di fronte ad uno stesso evento traumatico ed alcuni di essi potranno sviluppare dei disturbi psicologici mentre altri no. Questo conferma che la risposta al trauma dipende da molteplici fattori ed è sempre complessa.

E’ normale che chiunque sia esposto ad un trauma viva delle emozioni intense e questa reazione è asssolutamente fisiologica. In questi casi può essere importante avere una persona con cui parlare, per poter riprendere la propria routine e darsi il tempo necessario per affrontare quanto accaduto.

Le reazioni normali immediatamente dopo aver vissuto un’esperienza traumatica sono: senso di irrealtà (senso di distacco, come se ci trovassimo sotto una campana di vetro o dentro ad un incubo) e reazioni fisiche (tachicardia, paura di stare da soli, bisogno di vicinanza,..).

In un secondo momento si possono sviluppare pensieri intrusivi, problemi di sonno, ansia, reazioni fisiche, difficoltà di concentrazione, senso di colpa, sensazione di vulnerabilità e riflessioni profonde sul senso della vita.

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/domande-frequenti-emdr.jpg 773 1000 SaR3etB4arLe https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png SaR3etB4arLe2020-06-25 17:16:522020-07-14 22:19:21Domande frequenti sull’E.M.D.R.
come funziona in pratica emdr

Come funziona in pratica la terapia E.M.D.R.?

22 Giugno 2020/in Blog /da SaR3etB4arLe

Quando un evento ha una portata emotiva intensa e quindi si connota come traumatico (o è particolarmente stressante), può non essere integrato all’interno della rete mnestica cerebrale. Il ricordo si “blocca” e si isola all’interno della rete neuronale con tutte le informazioni emotive, cognitive e corporee legate a quella situazione. In presenza di stimoli in grado di sollecitare il ricordo (trigger), la persona potrà vivere le stesse emozioni legate al passato in situazioni molto differenti che poco hanno a che fare con il pericolo di un tempo. Il passato quindi diventa presente. Ad esempio una persona vittima di violenza può avere un attacco di panico se osserva due persone discutere animatamente in un bar. Con l’utilizzo dell’E.M.D.R. è possibile sbloccare questi ricordi e riattivare il fisiologico meccanismo di elaborazione dell’informazione.

L’E.M.D.R. si avvale della stimolazione alternata dei due emisferi cerebrali che presiedono i processi cognitivi ed emotivi. Esistono diversi tipi di stimolazione bilaterale (visiva, uditiva, tattile,..) ma le più utilizzate sono quelle visive legate al movimento oculare bilaterale.

In concreto la persona deve seguire con gli occhi le dita del terapeuta che si muovono con un movimento bilaterale da destra a sinistra.

Tale movimento incoraggia l’attivazione di entrambi gli emisferi, sollecitando il processamento dell’evento traumatico, ed attiva prevalentemente le aree limbiche del cervello oltre a quelle della corteccia frontale ed orbitofrontale. Queste aree sono conosciute per essere un nodo cruciale nell’elaborazione sensoriale, dell’apprendimento e dei processi decisionali di comportamenti emotivi.

Il ricordo viene elaborato in maniera naturale e non direttiva: man mano che il ricordo viene elaborato diminuisce l’intensità emotiva e il paziente avrà accesso a nuovi pensieri e nuovi punti di vista come processo naturale dell’integrazione dell’informazione.

Come funziona la terapia E.M.D.R., le fasi:

L’E.M.D.R. è un metodo complesso, costituito da un protocollo di otto fasi:

  • acquisizione della storia del paziente e definizione del piano terapeutico, in cui il psicoterapeuta e il paziente andranno ad identificare quali fattori di rischio e fattori di protezione sono presenti nella storia di vita della persona.
  • preparazione del paziente, in cui il terapeuta spiega il funzionamento dell’EMDR ed evidenzia eventuali legami tra l’esperienza di vita e il disagio presentato dalla persona,

Queste fasi si svolgono nel momento iniziale della terapia, quando avviene una prima conoscenza tra terapeuta e paziente e si definiscono gli obiettivi e i ricordi da elaborare.

Successivamente si passerà ad elaborare i ricordi più disturbanti, che creano maggior disagio alla persona, e per ogni momento identificato verranno svolti i seguenti passaggi:

  • assessment, in questa fase vengono identificati e misurati gli aspetti del ricordo da elaborare;
  • desensibilizzazione, elaborazione del ricordo traumatico mediante stimolazione oculare bilaterale;
  • installazione della cognizione positiva, in questa fase si rinforza un pensiero positivo su se stessi abbinato al ricordo traumatico;
  • scansione corporea, mentre si concentra sul ricordo e sulla cognizione positiva, il paziente verifica se vi sono disturbi o tensioni nel corpo. Qualora venissero riscontrati, vengono desensibilizzati sempre tramite movimento oculare.

Quest’ultimo aspetto è molto importante perchè permette di accedere all’esperienza traumatica anche a livello corporeo, elaborando aspetti del trauma che altri approcci psicoterapeutici difficilmente riescono a raggiungere.

In seguito all’elaborazione del ricordo si modificherà la percezione emotiva di quest’ultimo, che verrà vissuto con minor disagio e con minor coinvolgimentio emotivo.

Vi sarà anche una differente percezione cognitiva, sviluppando prospettive differenti e pensieri diversi sull’accaduto.

Il mio metodo di lavoro prevede un’integrazione di sedute E.M.D.R. con sedute psicoterapeutiche classiche.

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/come-funziona-in-pratica-emdr.jpg 778 1000 SaR3etB4arLe https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png SaR3etB4arLe2020-06-22 17:10:022020-07-10 11:19:53Come funziona in pratica la terapia E.M.D.R.?
che cosa un trauma psicologico

Che cosa è un trauma psicologico?

20 Giugno 2020/in Blog /da SaR3etB4arLe

Un’esperienza si definisce traumatica quando è in grado di creare una sofferenza così intensa che si può parlare di una vera e propria ferita dell’anima, paragonabile ad una ferita fisica, ma in questo caso dovuta all’impatto emotivo negativo di quello che è accaduto. Tali esperienze possono rompere il consueto modo di vivere e modificare profondamente la percezione del mondo, tanto da creare una distinzione tra “un prima” e “un dopo”. L’essenza del trauma è la perdita di fiducia sia nell’ordine e nella continuità della vita sia nel fatto di avere un posto sicuro interno ed esterno, dove potersi riparare.

Vengono distinti due tipi di esperienze traumatiche, quelle con la T maiuscola e quelle con la t minuscola. Alla prima categoria appartengono eventi che minacciano la vita e l’integrità corporea (ad es., catastrofi naturali, abusi sessuali, aborti, lutti traumatici, gravi incidenti, patologie oncologiche o croniche,..) mentre alla seconda appartengono le esperienze relazionali disturbanti di natura emotivo-relazionale, che avvengono all’interno di relazioni emotivamente significative e sono legate ad una percezione soggettiva di pericolo (ad es., esperienze di umiliazione, continue critiche da parte della figura di attaccamento, malattie di un genitore,…).

Ad esempio, un incidente stradale è un trauma T perchè minaccia l’integrità corporea, comporta una minaccia per la vita, ed è un evento esterno, circoscritto e molto intenso emotivamente. Per trattare gli esiti psicologici legati ad un’esperienza del genere, paradossalmente, possono servire anche poche sedute perchè riguarda un evento accaduto in un momento preciso e puntuale, che si può manifestare in un buon funzionamento globale della persona. Un trauma t invece, essendo di natura emotivo-relazionale, è spesso legato ad esperienze infantili e può essere più lungo e complesso da trattare, quindi può essere necessario intraprendere una vera e propria psicoterapia, in quanto diventa necessario dover ristrutturare la personalità disfunzionale che nel tempo si é organizzata attorno alla sofferenza.

Recentemente la ricerca scientifica ha evidenziato che l’impatto emotivo di un trauma lascia un segno a livello cerebrale (un volume ridotto di ippocampo e amigdala), a livello emotivo e a livello corporeo, tutti aspetti sui quali lavora l’EMDR.

Già da tempo Van der Kolk (2015) ha sottolineato come il trauma può inserirsi nel corpo e quest’ultimo può essere un vero e proprio depositario di una “memoria corporea”; per dirla con il celebre titolo del suo libro, anche “il corpo accusa il colpo”.

Cosa è un trauma vicario?

Si definisce trauma vicario un’esperienza traumatica che non è subita direttamente dalla persona ma alla quale è esposta indirettamente, poiché vi assiste.

In questo caso l’esperienza può comunque provocare un’intensa sofferenza, anche se l’evento non è direttamente esperito dalla persona.

Nello specifico, l’esperienza indiretta può diventare traumatica per una persona specialmente se quest’ultima si identifica in alcuni aspetti della vittima.

Ad esempio, un poliziotto può intervenire in situazioni particolarmente efferate (omicidi, suicidi,..) e rimanerne emotivamente sopraffatto perchè la vittima, per alcune caratteristiche, gli ricorda se stesso, un amico o un familiare.

Recentemente purtroppo anche i medici e gli infermieri che sono intervenuti nell’emergenza sanitaria covid-19 hanno subito dei traumi vicari poichè esposti ad un esperienze che, più di altre, hanno potuto suscitare emozioni o pensieri che hanno avuto un impatto ad un livello profondamente intimo, in quanto legati alla precarietà e alla preoccupazione dell’emergenza sanitaria, che è stata comune e trasversale a tutte le persone.

In quest’ultimo caso, inoltre, il fatto che gli stessi operatori sanitari fossero potenzialmente esposti al virus e la notizia della morte di molti medici, ha costituito un ulteriore fattore di vulnerabilità alla traumatizzazione vicaria.

Cosa è un trauma collettivo?

Un trauma collettivo è un trauma che colpisce un’intera comunità o un ampio gruppo di persone, come nel caso di un terremoto o, ad esempio, di un lutto di un alunno che frequenta una scuola.

In questo caso vengono aiutate tutte le persone coinvolte direttamente o indirettamente con l’esperienza traumatica.

Di questi aspetti si occupa una branca della psicologia chiamata psicologia dell’emergenza.

Ormai da anni esistono protocolli specifici di intervento e viene utilizzato l’E.M.D.R. appena possibile, direttamente sul luogo del disastro o all’interno dell’istituzione coinvolta, con l’obiettivo di ridurre la sofferenza delle persone ed eliminare preventivamente lo sviluppo della naturale capacità del cervello di elaborazione dell’informazione.

Ad esempio, anche durante la maxi emergenza legata al Covid-19 i terapeuti E.M.D.R. hanno sostenuto e supportato il personale sanitario e le persone colpite direttamente dalla morte dei propri cari.

Cosa è un trauma transgenerazionale?

Un trauma transgenerazionale è un trauma che viene tramandato da una prima generazione, che vive il trauma, alla generazione successiva, come se avvenisse un passaggio di testimone dal genitore al figlio in maniera inconsapevole e involontaria. Un esempio può essere identificato in genitori che hanno vissuto l’esperienza dell’Olocausto e nei figli che rivivono questa esperienza ad esempio con incubi notturni, sognando a volte delle vere e proprie situazioni legate al trauma originario.

https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/che-cosa-un-trauma.jpg 584 1000 SaR3etB4arLe https://www.sarabarletta.it/wp-content/uploads/2020/06/Sara-Barletta-psicologa-Rho.png SaR3etB4arLe2020-06-20 17:08:262020-07-07 13:27:08Che cosa è un trauma psicologico?
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29 Maggio 2020/in Blog /da SaR3etB4arLe

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